Politica

Israele pronto all’offensiva nel Sud del Libano, cresce l’emergenza umanitaria

Le forze speciali israeliane hanno condotto piccole incursioni mirate nel Libano meridionale, raccogliendo informazioni in vista di una prevista incursione terrestre più ampia. Le incursioni, che hanno incluso l’ingresso nei tunnel di Hezbollah situati lungo il confine, si sono verificate di recente e negli ultimi mesi, come parte dello sforzo di Israele per degradare le capacità di Hezbollah lungo il confine che divide Israele e Libano, hanno affermato le stesse fonti. I tempi di qualsiasi azione terrestre potrebbero cambiare.

L’amministrazione Biden – secondo quanto affermato da alcuni funzionari Usa – prevede un’imminente invasione israeliana del Libano, nonostante la crescente opposizione internazionale. La comunità globale, compresa l’amministrazione Biden, ha espresso preoccupazione per un’ulteriore escalation del conflitto che potrebbe portare a devastanti conseguenze per la stabilità dell’intera regione. Le diplomazie mondiali stanno cercando di intervenire per evitare che la situazione precipiti, ma l’avanzata militare sembra ormai inevitabile. La previsione prevalente è che gran parte dei combattimenti si svolgeranno lungo il confine israelo-libanese, anche se a Washington esiste la preoccupazione che la guerra possa espandersi geograficamente e durare più a lungo. 

Un funzionario israeliano ha affermato che, se ci dovesse essere un’operazione di terra più ampia, questa comprenderebbe “incursioni localizzate e limitate contro obiettivi di Hezbollah lungo il confine con l’obiettivo di distruggere le capacità delle Forze Radwan”, l’unità per le operazioni speciali del gruppo militante. Le forze israeliane valutano infatti che il gruppo si stia preparando per un attacco, come ha fatto Hamas prima del 7 ottobre, incluso il posizionamento di vestiti, armi e altri materiali lungo il confine. I residenti del nord di Israele vicino al confine hanno affermato che le forze israeliane stanno bombardando pesantemente il Libano e hanno affermato di aver sentito fuoco di artiglieria, aerei ed esplosioni. Hanno anche ricevuto istruzioni di rimanere vicino ai rifugi.

L’esodo di civili e la crisi umanitaria

Secondo l’Alto commissario dell’ONU per i rifugiati, Filippo Grandi, la situazione umanitaria è già in grave peggioramento. Più di 50mila cittadini libanesi e siriani hanno attraversato il confine con la Siria per cercare rifugio dagli incessanti raid aerei israeliani. Questi civili, terrorizzati dagli attacchi, hanno lasciato le loro case in cerca di sicurezza, trovandosi ad affrontare condizioni estremamente difficili. Grandi ha dichiarato che l’Unhcr sta coordinando operazioni di soccorso, in stretta collaborazione con i governi di Libano e Siria, per fornire aiuto ai rifugiati e agli sfollati.

All’interno del Libano, il numero degli sfollati è altrettanto drammatico: oltre 200.000 persone hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni a causa dei continui bombardamenti. Le condizioni di vita per questi sfollati interni sono precarie, con le infrastrutture già sovraccariche e il sistema sanitario in grave difficoltà. Gli sforzi per garantire assistenza sanitaria e aiuti alimentari stanno incontrando ostacoli, sia per l’intensità degli attacchi sia per la complessità logistica nel raggiungere le aree più colpite.

Ritirata delle forze libanesi e bombardamenti israeliani

Sul piano militare, la tensione lungo il confine tra Israele e Libano è ai massimi livelli. Le forze libanesi si sono ritirate dalle loro postazioni lungo il confine meridionale con Israele, arretrando di almeno cinque chilometri a nord della frontiera. Secondo una fonte della sicurezza libanese, citata dalla Reuters, questo ritiro è stato deciso in previsione di una possibile invasione di terra da parte di Israele. La stampa israeliana, tra cui il Times of Israel, ha confermato che tale mossa avviene in un momento in cui aumentano le speculazioni su una futura incursione terrestre israeliana nel Libano meridionale.

Nel frattempo, l’artiglieria israeliana ha colpito diverse località al confine. La televisione libanese al Manar, affiliata al gruppo Hezbollah, ha riportato notizie di colpi di artiglieria vicino ai villaggi frontalieri di Wazzani, la valle di Khiam, Alma el Chaab e Naqura, situati nella parte meridionale del Paese. Anche l’agenzia di stampa nazionale libanese, ANI, ha riferito di “importanti colpi di artiglieria contro Wazzani”. Queste località si trovano di fronte a comunità israeliane, che sono state dichiarate aree chiuse dall’esercito israeliano (IDF), aumentando ulteriormente la sensazione di un’imminente espansione del conflitto.

Israele, d’altra parte, ha intensificato gli attacchi sul Libano. Da giorni, ondate di bombardamenti aerei colpiscono obiettivi militari e civili in tutto il Paese, con il numero di vittime che continua a crescere. La gravità della situazione ha spinto gli Stati Uniti a informarsi sulle intenzioni israeliane, nonostante la Casa Bianca abbia ufficialmente ribadito la sua posizione a favore di un cessate il fuoco immediato. Il presidente Joe Biden, in una dichiarazione recente, ha sottolineato che “serve un cessate il fuoco adesso in Medio Oriente”, ma la situazione sul campo suggerisce che Tel Aviv potrebbe non essere intenzionata a fermare l’avanzata.

Meloni segue situazione

“Sto seguendo da vicino la drammatica situazione in Libano in contatto costante con i Ministri della Difesa e degli Esteri”. Lo afferma la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, in una dichiarazione, sottolinea che “la protezione dei civili resta la priorità così come garantire la sicurezza dei militari del contingente italiano di UNIFIL presenti nel sud del Libano”.

“L`Italia – prosegue Meloni – continuerà a lavorare con i suoi alleati per la stabilizzazione del confine tra Israele e Libano e il ritorno degli sfollati alle proprie case. Una de-escalation a livello regionale – conclude la presidente del Consiglio – è urgente e necessaria e l`Italia continuerà a fare la sua parte anche in qualità di Presidente del G7”.

Borrell: tacciano le armi, parli la diplomazia

“Le armi devono ora essere messe a tacere e la voce della diplomazia deve parlare ed essere ascoltata da tutti. Il lancio di razzi e altri proiettili da parte di Hezbollah nel territorio israeliano dall’8 ottobre deve cessare. La sovranità di Israele e del Libano deve essere garantita”. Lo ha chiesto l’Alto Rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, in una dichiarazione diramata questa sera dal Messico, dove si trova attualmente, sul canale Tv europeo Ebs, al termine della riunione straordinaria del Consiglio esteri per videoconferenza svoltasi nel pomeriggio e dedicata alla situazione in Libano.

“L’Unione europea – ha detto Borrell – rinnova la sua richiesta di un cessate il fuoco immediato tra Hezbollah e Israele, e di un impegno di entrambe le parti per la piena e simmetrica attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in modo da garantire il ritorno sicuro delle popolazioni sfollate per entrambe le parti, come parte di un accordo negoziato più ampio”.

L’appello di Biden e la diplomazia in stallo

Gli appelli della comunità internazionale per una tregua, compresi quelli della Casa Bianca, sembrano cadere nel vuoto. Gli sforzi diplomatici per evitare un’ulteriore escalation hanno avuto pochi risultati concreti negli ultimi mesi. Gli Stati Uniti, pur continuando a fornire sostegno militare a Israele, hanno cercato di frenare un’espansione del conflitto a Nord, nel tentativo di mantenere il fragile equilibrio in Medio Oriente.

Il presidente Biden, che nelle ultime settimane ha intensificato i contatti diplomatici con i leader della regione, ha chiesto con forza una tregua sia lungo il confine libanese che nella Striscia di Gaza. Tuttavia, la recente offensiva israeliana ha complicato ulteriormente la situazione, rendendo più difficile qualsiasi iniziativa di pace a breve termine. Le premesse per un’escalation del conflitto sono ormai concrete e, a quasi un anno dall’inizio delle ostilità, la crisi sembra destinata a peggiorare.

L’Italia e la missione Unifil

Il deterioramento della situazione ha avuto ripercussioni anche sui cittadini stranieri presenti in Libano, inclusi gli italiani. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha esortato i cittadini italiani presenti nel Paese, in particolare nelle zone meridionali e nella capitale Beirut, a lasciare il Libano. Tajani ha ribadito la necessità di garantire la sicurezza dei cittadini italiani, sottolineando l’alta pericolosità delle aree coinvolte nel conflitto.

Per quanto riguarda il contingente italiano presente in Libano nell’ambito della missione Unifil, Tajani ha chiarito che i soldati italiani stanno operando esclusivamente in una missione di peacekeeping e non di combattimento. Il ministro ha sottolineato che al momento non ci sono cambiamenti nelle regole d’ingaggio, pur auspicando un rafforzamento della presenza internazionale nel Paese. “Speriamo in una de-escalation – ha dichiarato Tajani – che permetta una soluzione diplomatica”.

L’assassinio di Nasrallah e nuovi attacchi su Beirut

A complicare ulteriormente lo scenario, nelle ultime ore sono emersi nuovi dettagli riguardanti l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, avvenuta durante un raid israeliano. Secondo quanto riportato dal senatore democratico Mark Kelly alla NBC, Israele ha utilizzato armi guidate di fabbricazione americana per colpire Nasrallah, utilizzando una raffica di 83 bombe penetranti anti-bunker. L’attacco ha causato non solo la morte del leader di Hezbollah, ma anche la distruzione di diversi edifici, uccidendo almeno 105 persone, tra cui numerosi civili.

L’operazione ha avuto un impatto devastante sulla capitale libanese, Beirut, già duramente colpita da settimane di bombardamenti. Nella giornata di ieri, la città è stata nuovamente bersaglio di attacchi aerei israeliani, che hanno colpito il centro abitato. Tra le vittime, figurano alti esponenti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), inclusi il leader Nadal Abdel-Alel e il capo dell’ufficio militare Emad Odeh. La capitale libanese, simbolo di una storia travagliata e al centro di numerosi conflitti, è oggi il riflesso di una guerra che sembra destinata a non fermarsi. Mentre la violenza continua a devastare il Paese, le prospettive per una soluzione diplomatica appaiono sempre più lontane.

Il conflitto tra Israele e Libano sta entrando in una fase critica, con il rischio di un’ulteriore escalation che potrebbe destabilizzare l’intera regione. La comunità internazionale si trova di fronte alla difficile sfida di fermare le ostilità prima che sia troppo tardi. Tuttavia, con la situazione umanitaria in rapido deterioramento e i civili sempre più coinvolti nella spirale della guerra, il tempo per una soluzione diplomatica sembra esaurirsi.

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