Israele torna alle urne martedì prossimo per la quinta volta in meno di quattro anni, e l’ultimo sondaggio diffuso nei giorni scorsi vede l’opposizione guidata dall’ex premier Benjamin Netanyahu accreditata con 60 seggi, uno in meno della maggioranza necessaria per formare un governo, mentre l’attuale coalizione del premier Yair Lapid avrebbe 56 dei 120 seggi della nuova Knesset. Ma il dato che emerge con forza nei sondaggi e che alimenta timori nel Paese a poco meno di una settimana dal voto è l’affermazione di Religious Zionism, partito dell’ultradestra proiettato a diventare la terza forza politica del Paese, e del suo numero due, Itamar Ben Gvir, considerato l’astro nascente di questa campagna elettorale.
Stando infatti all’ultimo sondaggio diffuso nei giorni scorsi dall’emittente Kan, il partito Likud di Netanyahu dovrebbe ottenere 31 seggi, quello di Lapid (Yesh Atid) 24, e Religious Zionism 13, seguito dal partito di Unità nazionale di Benny Gantz con 12. I partiti ultra-ortodossi Shas e United Torah Judaism, alleati di Netanyahu, avrebbero rispettivamente nove e sette seggi, mentre i partiti arabi Hadash-Ta’al (non alleato a nessun blocco) e Ra’am, che fa parte della coalizione uscente, prenderebbero entrambi quattro seggi a testa. A lanciare l’allarme sull’affermazione del partito dell’ultradestra è stato l’ex capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane, Dan Halutz, che ai microfoni di Democracy Tv ha ammonito sul rischio di una “guerra civile” qualora Ben Gvir tentasse di attuare le sue “orribili” idee. “Non rinunceremo mai ai diritti fondamentali, questa persona è stata squalificata dal servizio militare, ha molte reati a suo nome, non so come gli sia stata concessa una pistola”, ha detto Halutz.
Come ricorda il Times of Israel, le forze di difesa israeliane non arruolarono infatti il giovane Ben Gvir per le sue attività di estrema destra già da adolescente. E nel corso dell’intervista, l’ex capo di Stato maggiore ha ricordato che da diciottenne si vestì da Baruch Goldstein, il responsabile del massacro compiuto nella moschea Ibrahimi di Hebron nel 1995, costato la vita a 29 palestinesi. E Ben Gvir è noto anche per un video diffuso prima dell’assassinio del premier Yitzhak Rabin in cui mostrava l’emblema dell’auto Cadillac di Rabin e dichiarava: “Siamo arrivati alla sua macchina e arriveremo anche a lui”. Negli ultimi anni, Ben Gvir ha detto di essere cambiato e di aver moderato le proprie posizioni, ma Halutz ha commentato: “Non è cambiato e non cambierà”. Lo scorso anno Netanyahu aveva dichiarato che Ben Gvir potrebbe entrare a far parte della sua coalizione, definendolo però “non idoneo” per un incarico ministeriale. Di recente, però, ha sottolineato il Times of Israel, l’ex premier ha invece più volte sostenuto che, qualora dovesse tornare a guidare il Paese, potrebbe affidargli un ministero.
Il premier uscente Lapid si è invece detto preoccupato dall’ascesa di Ben Gvir, sottolineando in un’intervista al Jerusalem Post che votare per lui significa “votare contro le forze di difesa israeliane e i nostri soldati”, perché l’esponente dell’estrema destra è “un teppista che sta mettendo in pericolo la polizia e l’esercito, che sta cercando di creare le proprie milizie in Cisgiordania e che gira con una pistola a Sheikh Jarrah (quartiere palestinese di Gerusalemme Est, ndr) nel cuore della notte, mettendo in pericolo la vita dei poliziotti che stanno cercando di fare il loro lavoro”. Nonostante i sondaggi, secondo Lapid alle prossime elezioni “il centrismo trionferà, perché è il modo ragionevole per gestire i Paesi” e “le persone vogliono che ai loro bisogni primari si diano risposte diverse da slogan e frasi accattivanti”. Sono quasi 6,78 milioni gli israeliani chiamati ai seggi martedì prossimo e l’affluenza potrebbe diminuire a causa della disaffezione alimentata dal continuo ritorno alle urne. Alle ultime elezioni, nel marzo 2021, l’affluenza era stata del 67,4%, la terza più bassa nella storia di Israele.