L’Italia appare sempre più orientata a rafforzare i legami informali con Taiwan, rovesciando una politica che aveva visto in passato Roma piuttosto sbilanciata a favore di Pechino, tanto da diventare l’unico paese del G7 ad aderire formalmente all’Iniziativa Belt and Road voluta dal presidente cinese Xi Jinping. A mostrarlo sono segnali che si stanno moltiplicando, in un momento in cui la questione Taiwan rischia di essere dirimente per intrattenere relazioni solide con la seconda potenza economica del mondo, la Cina appunto.
Taiwan nei giorni scorsi ha annunciato che aprirà presto un nuovo ufficio di rappresentanza – una sede diplomatica informale, visto che l’Italia non riconosce ufficialmente Taipei – a Milano. “In vista dell’approfondimento della cooperazione e degli scambi tra Taiwan e l’Italia nei settori dell’economia, del commercio, della cultura, dell’istruzione, della scienza e della tecnologia e del turismo, il nostro Paese istituirà un ‘Ufficio di Taipei a Milano'”, ha spiegato il ministero degli Esteri taiwanese.
Questa evoluzione appare essere in linea con la simpatia dimostrata dall’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, in campagna elettorale, ha incontrato il rappresentante diplomatico taiwanese a Roma di quel momento. In un’intervista all’agenzia di stampa taiwanese, Meloni inoltre ha espresso l’esigenza di un impegno europeo per evitare che la Cina usi la forza nei confronti di Taiwan, oltre ad aggiungere: “Ci piace pensare a una nuova e più intensa stagione di cooperazione: scambi culturali, turismo, prevenzione e gestione delle crisi sanitarie, ricerca scientifica e progetti nel settore chiave dei microchip, in cui Taiwan è leader mondiale”.
In effetti l’isola ospita alcuni dei più grandi produttori di chip avanzati del mondo, a partire dal titano del settore, la TSMC. Secondo quanto ha scritto ieri l’agenzia di stampa Bloomberg, “esponenti ufficiali” italiani avrebbero suggerito a Taipei che l’Italia sarebbe pronta a non rinnovare il patto sull’Iniziativa Belt and Road, in cambio di un’espansione della cooperazione sulla produzione ed esportazione dei semiconduttori, un bene improvvisamente diventato scarso a partire dalla pandemia Covid-19. Il protocollo d’intesa sulle Nuove Vie della Seta è stato sottoscritto nel 2019 dall’allora premier Giuseppe Conte in occasione della visita a Roma di Xi Jinping, provocando un certo disappunto a Washington. Per Pechino quell’accordo, l’unico del genere siglato con un paese del G7, ha avuto un alto valore simbolico. Tuttavia l’intesa scade nel 2024 ed è previsto un rinnovo automatico, a meno che l’Italia non decida di uscirne.
Il comportamento di Roma sarà sotto stretta osservazione da parte di Washington, ma anche di Bruxelles, che cerca di mantenere una posizione equilibrata tra Pechino, Taipei e Washington, come dimostra la recente visita della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Pechino al seguito del presidente francese Emmanuel Macron: i due, sulla questione di Taiwan, si sono limitati sostanzialmente a ribadire l’adesione alla politica dell'”Unica Cina”, auspicando un’evoluzione pacifica della situazione. E, tornato in Europa, Macron in un’intervista ha provocato polemiche per aver dichiarato che l’Europa non dovrebbe farsi trascinare nella disputa su Taiwan, comportandosi da “vassalla” degli Stati uniti.
Meloni, se prima di assumere la guida del governo ha espresso sostegno per Taiwan contro una possibile azione di forza cinese per riassorbire l’isola che considera parte integrante del suo territorio, una volta entrata a Palazzo Chigi ha evitato esternazioni sul tema. Anche una prevista visita di una delegazione di parlamentari appartenenti al Gruppo interparlamentare Italia-Taiwan (nato a novembre 2022), annunciata dal senatore di Fratelli d’Italia Lucio Malan, è stata cancellata all’ultimo momento. Nel contempo, però, in maniera non eclatante ci sono stati passi concreti, come il fatto che dal 27 marzo è di nuovo attivo un volo diretto tra Roma e Taipei.
Naturalmente un rafforzamento delle relazioni informali con Taiwan rappresenta un problema nei rapporti con Pechino. Per esempio, 2021 la Cina ha declassato le relazioni diplomatiche con la Lituania per l’apertura di un ufficio di rappresentanza nella sua capitale, Vilnius. Che tra Roma e Pechino il vento non sia dei migliori, d’altronde, è confermato anche dal fatto che, nonostante un invito di Xi Jinping, la premier Meloni non si sia recata ancora in Cina, come invece hanno fatto tra la fine del 2022 e il primo quadrimestre del 2023 il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e anche il capo del governo spagnolo Pedro Sanchez.