Italicum, sale la tensione nel Pd. Minoranza non arretra e ora Renzi guarda a FI e centristi
LE RIFORME Tra le correzioni che il premier starebbe valutando la sostituzione delle preferenze con i collegi uninominali, tipo ‘provincellum’ di Giuseppe Novelli
di Giuseppe Novelli
Non c’è spazio per dialogare nel Pd, Matteo Renzi si è convinto che la minoranza abbia ormai scelto di remare contro il referendum costituzionale e la sinistra del partito giudica solo chiacchiere la disponibilità a rivedere la legge elettorale annunciata domenica dal premier dal palco della Festa dell’Unità. Di sicuro, raccontano, il premier non è disposto ad accettare qualunque riforma al posto dell’Italicum, per Renzi la legge elettorale dovrà comunque garantire la governabilità e il sistema proposto dai bersaniani, per esempio, non soddisfa questo requisito. Un renziano doc spiega: “Ma perché dovremmo metterci a trattare con i bersaniani? Loro non rappresentano nemmeno tutta la minoranza e la verità è che ormai hanno mobilitato i loro contro il no e non è che se trattiamo sulla legge elettorale cambia qualcosa. I sì al referendum li dobbiamo cercare altrove. Dobbiamo innanzitutto trovare un’intesa con gli altri partiti, non possiamo fare tutto dentro al Pd”. La trattativa, cioè, andrà tentata soprattutto con i centristi e con quella parte di Fi più disposta a dialogare. Concetti che riecheggiano nelle parole di Lorenzo Guerini: “Certamente non saremo disponibili a leggi non chiare e che ci riportino alle larghe intese”. Un paletto che, se interpretato in maniera rigorosa, significa che Renzi al doppio turno non rinuncia.
Tanto più che il premier sa che al momento non c’è una maggioranza su un sistema alternativo all’Italicum. Per questo sempre Guerini aggiunge: “Noi iniziamo a confrontarci ma i tempi sono legati alla disponibilità che troviamo nelle altre forze politiche in Parlamento”. E al momento le altre forze in Parlamento non lasciano spiragli. La disponibilità verrà testata già nelle prossime settimane, quando si voterà la mozione presentata da Sel per chiedere di azzerare l’Italicum e ripartire da capo ma è già chiara l’aria che tira. Giovanni Toti di Fi accusa Renzi di cercare un “voto di scambio” e spiega che se ne potrà parlare solo dopo il referendum, Debora Bergamini critica “l’ingerenza del Governo sulla legge elettorale” e aggiunge: “Quando si tratterà di modificare l’Italicum, è evidente che la centralità non potrà che essere del Parlamento”. Luigi Di Maio (foto), M5s, chiude a ogni ipotesi di modifica: “Oggi mi sarei aspettato il titolo dei giornali: Renzi schizofrenico. Ci ha detto che la legge elettorale era un modello e ora vuole cambiarla”. L’unica correzione che Renzi starebbe valutando al momento sarebbe la sostituzione delle preferenze con i collegi uninominali, tipo provincellum, e magari il ripristino del premio alla coalizione, anziché alla lista, proprio per tendere la mano a Fi e a Ncd.
Ma, assicura un deputato vicino al premier, “solo dopo la Consulta Matteo potrà valutare qualche mossa concreta”. Una linea che ha fatto infuriare la minoranza bersaniana, che infatti mercoledì sera si riunirà alla Camera per impostare la battaglia dei prossimi mesi. “La mossa di D’Alema di costituire i comitati per il no ci costringe ad accelerare – dice uno dei parlamentari vicini a Bersani – non è che possiamo limitarci a dire che voteremo no, dovremo anche immaginare cosa fare durante la campagna referendaria”. Certo, Bersani non si metterà alla testa di comitati per il no, “lui è un ex segretario”, ma molti ora spingono per un ruolo attivo a favore del no. Altri bersaniani, in realtà, sono più cauti: “Andiamoci piano, noi questa riforma l’abbiamo votataà”. Tutti, però, sono delusi dalle mosse di Renzi, come dice Federico Fornaro: “Renzi non ha fatto nessuna apertura. Ha preferito ancora una volta alimentare rancori e divisioni. Così non si va da nessuna parte, anzi si porta il Pd a sbattere”.