Jihadisti dal Mediterraneo, l’Italia all’Osce: serve prevenzione

Jihadisti dal Mediterraneo, l’Italia all’Osce: serve prevenzione
24 ottobre 2017

Nessun paese da solo è in grado di fronteggiare la situazione in corso nel Mediterraneo, tanto più in un momento in cui si è chiamati a contrastare “il rischio posto dal possibile rientro di foreign fighters in Europa dopo la sconfitta di Daesh in Iraq e Siria”. E se “prevenzione” è la “parola chiave” nel contrasto al radicalismo, “cooperazione” e “condivisione di informazioni” rappresentano “la strada maestra” da seguire per evitare “l’apertura di un abisso nel Mediterraneo, nel quale sicurezza, convivenza civile e rispetto delle libertà potrebbero sprofondare”. Al termine della prima giornata della Conferenza Mediterranea dell’Osce, in corso a Palermo, Angelino Alfano si dice “molto soddisfatto”. Nonostante alcune differenze di opinioni tra i Paesi partecipanti, tutti hanno concordato sull’opportunità di mettere il Mediterraneo al centro dell’agenda dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, di cui l’Italia avrà la presidenza nel 2018. E proprio questo è stato il principale risultato di oggi: “Sono stati individuati alcuni temi molto importanti a cominciare dalla necessità di adottare strategie convergenti sulla questione della sicurezza nel Mediterraneo”. E’ nel Mediterraneo, infatti, che si giocano “i destini del mondo”, secondo il ministro degli Esteri. Una partita “globale”, non solo regionale, per limitare i danni di “una faglia in cui hanno proliferato fanatismo, estremismo violento e terrorismo”. Tutto dipenderà dalla “capacità dei Paesi dell’Osce di dialogare” tra di loro e con i paesi partner del Mediterraneo. L’auspicio è che se lo spirito di Helsinki ispirò l’avvicinamento tra Est ed Ovest, “lo spirito di Palermo”, alimentato dal dialogo e dalla comprensione, possa favorire “la partnership mediterranea”, anche in chiave sicurezza. “Chi pensa di costruire muri informatici e fisici per difendersi meglio rende il proprio paese più insicuro e isolato, quindi genera isolamento e insicurezza”, ha avvertito Alfano.

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E invece si può, anzi si deve, coniugare “solidarietà e sicurezza”, perché “si può essere un Paese sicuro senza chiudere le frontiere”.  L’Italia lo ha fatto. Certo, dopo la sconfitta territoriale dell’Isis a Raqqa, il ministro non nasconde l’allarme anche per il nostro Paese. Il numero di foreign fighters che hanno avuto a che fare con l’Italia, ha commentato, è fin qui più contenuto rispetto a quello di altri Stati. “Ma sappiamo che per compiere qualcosa di grave ne basta uno”. E allora occorre proseguire e rinforzare l’attività di “prevenzione”, e insistere sulla necessità di uno scambio assiduo e proficuo di informazioni, come strumento più efficace di contrasto alle attività criminali. “Occorre rafforzare il sistema comune di protezione, versare informazioni alle banche dati europee, consolidare il sistema di cooperazione tra polizie e tra le agenzie di intelligence, non solo in Europa, ma anche nel Mediterraneo”. “Siamo pronti a mettere a disposizione esperienza e risorse economiche per una più forte cooperazione tra i servizi di intelligence”, ha avvertito il ministro. Di certo, la presidenza italiana dell’Osce nel 2018 nominerà un inviato speciale dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa sul tema del Mediterraneo e un altro per la lotta al narcotraffico e alle organizzazioni criminali su scala transnazionale. E’ nel “nostro interesse” annientare “il modello d’affari dei trafficanti, degli agenti di viaggio della morte”, ha detto Alfano. “Molti dei loro introiti finanziano organizzazioni criminali e terroristiche”, ha sottolineato il ministro, ricordando che l’azione dell’Osce in questo settore è “complementare” a quella di altre organizzazioni internazionali impegnate nella crisi, come Oim, Unhcr e la stessa Unione europea.

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