Il Jobs act “ci avvicina agli ordinamenti europei” ma “ha abbassato le tutele in entrata, in uscita e in corso di contratto”. Sono le diverse opinioni degli Avvocati Giuslavoristi Italiani. “Il jobs act – ha dichiarato Aldo Bottini, presidente degli Avvocati Giuslavoristi Italiani – ha unificato le tutele e le regole di due mondi che prima erano nettamente separati: quello delle medie e grandi imprese, con il 40% di lavoratori dipendenti ipertutelati, almeno fino alla parziale riforma del 2012; e il mondo delle piccole imprese, dove l’articolo 18 non e’ mai esistito. Il nuovo sistema ci avvicina agli ordinamenti europei, dove il rimedio generale per i licenziamenti illegittimi e’ l’indennizzo e la reintegrazione del lavoratore e’ prevista solo per i licenziamenti discriminatori. Le nuove regole rendono prevedibili i costi e l’esito delle controversie per le imprese”. Diversa l’opinione di Vincenzo Martino, vicepresidente dell’associazione: “Il Jobs Act e’ un disastro. In nome della flessibilita’, per i nuovi assunti, ha abbassato le tutele in entrata, in uscita e in corso di contratto. Ha apparentemente prodotto nuova occupazione solo grazie alla droga di Stato della decontribuzione nel 2015, che ora prosegue in forma attenuata, una sorta di ‘metadone di Stato’. Rende conveniente il licenziamento, anche illegittimo, con risarcimenti irrisori nei primi anni di anzianita’, con l’unica tutela del licenziamento discriminatorio, ancora tutto da scoprire nella pratica”.
Replica Pierangelo Albini, direttore Lavoro e Welfare di Confindustria, che non vede una corsa ai licenziamenti da parte delle imprese, e ricorda il contesto mondiale e lo stato dell’economia in cui l’Italia arranca, dopo aver perso un quarto della produzione industriale dall’inizio della crisi. In tema di licenziamenti, l’avvocato Andrea Del Re, che nelle cause di lavoro rappresenta in genere le imprese, ha ammesso che la misura dell’indennita’ appare inadeguata e i tecnici gia’ si chiedono se sia compatibile con la Carta sociale europea, nonche’ se il giudice possa derogare ai limiti economici fissati dalla legge interna, in applicazione diretta della “Carta”. Pero’ Del Re, che oggi e’ anche componente “laico” del direttivo della Scuola superiore della magistratura ed e’ autore di una rassegna commentata di giurisprudenza sull’applicazione dell’articolo 18, attribuisce la sua sostanziale abolizione all’uso distorto da parte della magistratura del lavoro, che ha quasi sempre disposto il reintegro del lavoratore, anche in casi gravissimi e in presenza di reati ammessi nelle stesse motivazioni delle sentenze.