di Leonardo Merlini
Ma quello che conta, oltre alla prospettiva dello sguardo di Revueltas, è l’universo che il narratore riesce a creare, l’allucinazione indefettibile che sorregge ogni singolo passaggio del libro, quella spaventosa precisione realistica, che insiste sul dettaglio anche anatomico (come nel caso delle perquisizioni intime inflitte alle parenti dei detenuti al momento di entrare in carcere), ma che in fin dei conti crea un effetto complessivo straniante e, si direbbe dall’altra parte del continente americano, “larger than life”, più grande della stessa realtà che si propone, riuscendoci, di descrivere dall’interno. José Revueltas, come senza essere molto originali si può anche supporre dal suo cognome, aveva la ribellione nel sangue e la sua biografia, di cui nel libro di Sur è presente una sintesi efficace firmata dalla curatrice Alessandra Riccio, è costellata di dissidenze e detenzioni. Comunista convinto, anche degli errori dei suoi, è rimasto a lungo una figura altra a ogni tipologia di sistema, fosse quello del potere in Messico oppure l’altra chiesa, quella che viveva all’ombra dell’ortodossia marxista, sovietica o castrista che fosse. E allora ecco la galera, anche in tarda età, dalla quale esce con il racconto “Le scimmie”, senza livore, senza sfoghi, ma solo con un oggetto letterario che è, come il suo autore, pura alterità, meraviglia inattaccabile, a suo modo verità definitiva. Scritta da un autore che, ovviamente, non crede in nessun modo che esista una verità definitiva. Qui sta il trucco e qui anche la vittoria, postuma quanto volete, di José Revueltas. Di lui la scrittrice e giornalista sua conterranea Elena Poniatowska, scrive che era una “immagine angelica che riflette sempre un Lucifero cangiante”. Una definizione che si adatta perfettamente, volenti o nolenti, alla stessa Letteratura, e la elle maiuscola non è un refuso. Ultima nota: leggendo Revueltas si sente vibrare la stessa energia che anima le pagine di un altro grande sudamericano venuto dopo di lui, il cileno esule Roberto Bolano che a lungo a vissuto in Messico. Senza scomodare il mistero borgesiano dell’influenza, resta la certezza che i semi letterari gettati anche nei modi più eterodossi prima o poi daranno un frutto.