L’immagine di un artista che va oltre se stessa. Succede qualcosa di simile nella mostra “About Art” che Palazzo Reale a Milano dedica a Keith Haring, una retrospettiva ampia, con un allestimento convincente e la voglia di ricostruire un ritratto più completo dell’artista americano, a volte liquidato come un semplice, seppur geniale, rappresentante di un mondo underground fatto di graffiti e street art. Invece l’esposizione curata da Gianni Mercurio punta proprio a mettere in evidenza la consapevolezza di Haring di fronte alla storia dell’arte, come ha sottolineato anche l’assessore alla Cultura meneghino, Filippo Del Corno. “Dall’arte romana, per arrivare a Michelangelo, sino a Picasso – ci ha spiegato – si vede che tanti artisti che hanno fatto la storia dell’arte hanno sedimentato nella coscienza e poi anche nella poetica di Keith Haring una serie di matrici iconografiche a cui poi lui ha attinto con grande consapevolezza e con grande attenzione”.
Matrici che si sublimano poi nella figura per certi versi proverbiale del suo tipico personaggio, umano, ma senza specifiche di razza o genere, divenuto simbolo della ricerca di Haring e anche di quell’atteggiamento che la mostra chiama esplicitamente umanesimo. “Keith Haring – ha aggiunto Del Corno – come tutti gli artisti, è al tempo stesso un testimone, ma poi anche un erede di tutta una tradizione che lui poi interpreta con enorme originalità. E in questo sta il suo umanesimo”. Un umanesimo che, comunque, per molti versi è anche giocoso e che è nato proprio dal gioco, come ha raccontato Kristen Haring, sorella minore dell’artista. “Keith – ha spiegato – ha iniziato a disegnare da piccolo come forma di divertimento e di interazione con nostro padre. Quella non era arte, ma ha creato la sua passione per usare il disegno per esprimere se stesso”. Accanto alle 110 opere di Haring, a Palazzo Reale si incontrano anche i suoi modelli, dal calco della Colonna Traiana a dipint del primo Jackson Pollock o storici lavori di Dubuffet. Ma la mostra prova anche ad ampliare ulteriormente la portata del ragionamento. “Non possiamo dimenticare – ha concluso l’assessore – che l’esperienza di Haring è molto vicina a quella di altre discipline della creatività. Penso alla musica con Philip Glass, penso al romanzo con Don DeLillo, credo che siamo queste le reti di relazioni che questa mostra in un certo senso mette in azione”. Fin dal primo giorno di apertura, “About Art” ha cominciato ad attrarre il pubblico. E la singolarità quasi da ghetto del lavoro di Keith Haring pare aver trovato una sua via, un suo nuovo tipo di sintassi, per continuare a parlarci dei temi universali della vita. E dunque dell’arte di cui il titolo.