L. elettorale, al Pd i conti non tornano. E punta sull’aiuto di Fi

L. elettorale, al Pd i conti non tornano. E punta sull’aiuto di Fi
Il presidente di Liberi e Uguali, Piero Grasso
20 maggio 2017

Dando per scontata (i numeri lo consentono) l’approvazione della legge elettorale alla Camera entro giugno, è l’aula del Senato lo scoglio da superare per il Rosatellum. E anche se i tempi sono prematuri, i renziani stanno facendo i conti cercando di aprire la strada alla nuova legge elettorale. L’idea è di affrontare il ddl a luglio al Senato, cercando di approvarlo prima della pausa estiva. Anche se alla volontà di fare presto, stamani, ha posto un limite il presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso. “Bisogna dare al Parlamento – ha detto – i tempi necessari per fare una discussione approfondita in modo da arrivare alla massima condivisione possibile sul risultato”. “Comunque – spiega un esponente renziano del Pd – bisogna vedere come la legge arriverà dalla Camera: se arrivasse al Senato con una bella forza di impatto il percorso sarebbe più semplice. Alla Camera si potrebbero anche fare alcune modifiche plausibili, toccare qualche argomento in grado di aumentare le forze del ddl, come ad esempio un abbassamento delle soglie”.

Attualmente i numeri che hanno in mano i Dem portano intorno a quota 145: tutto il gruppo Pd (che dovrebbe essere compatto); i 16 senatori di Ala; 12 della Lega; 6 del gruppo delle Autonomie più altri del Misto. Certo, non sufficienti a raggiungere la maggioranza assoluta di 161, ma non è questo l’obiettivo che hanno in mente i democratici. Per far passare il provvedimento, infatti, 145 voti potrebbero bastare, con qualche “aiutino” e un po’ di assenze “strategiche”. Aiutino che, secondo il Pd renziano, potrebbe arrivare più da Forza Italia che da Mdp, con cui “al momento non c’è un canale aperto di nessun tipo, prevale la distanza”. Invece, spiega un altro renziano, “il gruppo di Forza Italia è diviso, chi vuole fare l’alleanza con la Lega è a favore del Rosatellum, per ripercorrere lo schema del 1994”. Del resto un apprezzamento pubblico della proposta Pd è arrivato, stamani, dal governatore della Liguria Giovanni Toti. “La proposta del Pd non va bene nei toni e nel metodo, ma può essere un buon punto di inizio”, ha detto, auspicando la nascita di “un centrodestra 4.0, con una nuova aggregazione”. Peraltro, tra i sostenitori di un’apertura nei confronti della proposta avanzata dal Pd c’è anche il capogruppo azzurro del Senato, Paolo Romani, che, secondo indiscrezioni, non avrebbe mai chiuso i canali di comunicazione con il Pd. Ma Silvio Berlusconi, in un messaggio, torna a chiedere una legge “elettorale condivisa”. “Spero – scrive – che il Pd comprenda che questa è l’unica strada percorribile, che forzature capaci di alterare la volontà dei cittadini non hanno una maggioranza parlamentare ed allontanano, invece di avvicinarlo, il ritorno alle urne”.

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