La caduta del regime di Assad: la fine di un’era e l’inizio di un futuro incerto

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Il leader jihadista ha fatto il suo ingresso a Damasco tra folle esultanti e truppe fedeli: “Un nuovo capitolo nella storia della regione, il futuro è nostro”

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Dopo oltre mezzo secolo di dominio incontrastato della famiglia Assad, la Siria si ritrova al centro di un cambiamento epocale. In poco più di dieci giorni, un regime apparentemente saldo si è dissolto, portando alla fuga del presidente Bashar al-Assad, riparato a Mosca insieme alla sua famiglia sotto la protezione del Cremlino. La caduta del regime segna una svolta non solo per il paese, ma per l’intero assetto geopolitico del Medio Oriente.

Il crollo di una dinastia lunga 54 anni

Il dominio degli Assad, iniziato con Hafez al-Assad nel 1970, si è mantenuto saldo per decenni attraverso un mix di repressione, controllo militare e alleanze internazionali strategiche, in particolare con l’Unione Sovietica prima e con la Russia poi. Bashar al-Assad, succeduto al padre nel 2000, è riuscito a restare al potere nonostante una guerra civile iniziata nel 2011, le pressioni internazionali, e un paese devastato da conflitti interni e crisi economica.

La rapidità con cui il regime è collassato ha colto di sorpresa molti osservatori. Le forze jihadiste sostenute dalla Turchia, guidate dal leader Abu Muhammad al-Jolani, hanno sfondato le difese governative avanzando in modo fulmineo da Aleppo a Damasco. Il simbolico ingresso degli insorti nella capitale ha segnato la fine del dominio alawita e della struttura di potere associata alla famiglia Assad.

Ahmad Sharaa: il nuovo volto della Siria?

Abu Muhammad al-Jolani, noto leader jihadista e figura centrale di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), ha fatto il suo ingresso a Damasco tra folle esultanti e truppe fedeli. Nel suo primo discorso pubblico, pronunciato alla Grande Moschea degli Omayyadi, Jolani ha chiesto di essere chiamato con il suo nome originario, Ahmad Sharaa, tentando di presentarsi come un leader meno legato alla sua storia jihadista.

Nelle sue dichiarazioni, Jolani ha adottato un tono panislamico, celebrando la caduta del regime come una vittoria per l’intera nazione islamica: “Il dittatore è caduto, e questa è una vittoria per tutta la nazione islamica. È un trionfo che segna un nuovo capitolo nella storia della regione, il futuro è nostro”. Le sue parole, tuttavia, non lasciano dubbi sulla matrice islamista del suo progetto di governo. Jolani si pone come guida di una Siria che sembra sempre più allineata agli interessi della Turchia e lontana dalle influenze di Russia e Iran, tradizionali sponsor del regime di Assad.

La ritirata di Assad e il fragile accordo con Mosca

Il presidente Bashar al-Assad, costretto a fuggire con la famiglia a Mosca, ha lasciato dietro di sé un paese in macerie. La Russia, suo storico alleato, ha tentato di salvaguardare i propri interessi nella regione negoziando con gli insorti. Grazie a un accordo, le basi militari russe di Tartus e Hmeimim non sono state attaccate e rimangono operative, ma l’influenza di Mosca in Siria appare ormai in netto declino.

Anche l’Iran, che per anni ha investito pesantemente nel sostegno al regime siriano attraverso finanziamenti, milizie e risorse, si trova ora marginalizzato nel nuovo equilibrio di potere. Le dichiarazioni di Jolani, che ha definito la Siria “un parco giochi per le ambizioni iraniane”, sono un chiaro segnale di come il paese stia voltando pagina rispetto agli assetti tradizionali.

Scontri tra fazioni e nuove tensioni etniche

La caduta del regime ha aperto un vuoto di potere che le diverse fazioni armate stanno cercando di colmare. A Manbij, nel nord-est della Siria, si registrano intensi scontri tra le forze filo-turche e le milizie curde legate al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Le forze curde, supportate dagli Stati Uniti, si sono ritirate verso l’est del fiume Eufrate, lasciando le aree a maggioranza araba nelle mani delle forze filo-turche.

Questa situazione rischia di riaccendere tensioni tra arabi e curdi, in particolare nella regione di Raqqa, ex capitale dell’ISIS. Qui, i clan arabi stanno aderendo sempre più numerosi alla mobilitazione jihadista, mentre le forze curde cercano di mantenere il controllo con il sostegno logistico e militare degli Stati Uniti.

Reazioni internazionali: Usa e Israele in prima linea

La caduta di Assad è stata accolta con sollievo da Stati Uniti e Israele, che vedono nel collasso del regime un duro colpo per l’Iran, considerato il principale avversario regionale. Il presidente americano Joe Biden ha definito l’evento una “opportunità storica” per il popolo siriano, pur ammettendo che il momento è carico di rischi e incertezze.

Gli Stati Uniti, tuttavia, si trovano di fronte a un dilemma complesso: il movimento che ha spodestato Assad, Hayat Tahrir al-Sham, è considerato un’organizzazione terroristica, legata ad Al Qaeda e a un’ideologia violenta basata sulla Sharia. Nonostante questo, Jolani ha cercato di riposizionare la sua immagine come leader di una transizione responsabile, tentando di ottenere legittimità internazionale.

Israele, intanto, ha approfittato del caos per annettere nuovi territori nel Golan, rafforzando la propria presenza sul Monte Hermon. Le reazioni della comunità internazionale sono state praticamente inesistenti, segno di quanto l’attenzione globale sia focalizzata sulla transizione di potere a Damasco.

La Siria tra speranza e paura

A Damasco, la liberazione delle prigioni del regime e il ritorno alla luce di detenuti politici creduti morti hanno portato momenti di commozione e gioia. Tuttavia, la popolazione teme l’incertezza di un futuro dominato da forze jihadiste e da equilibri politici ancora instabili.

Il premier ad interim, Muhammad Jalali, ha dichiarato di voler garantire continuità istituzionale in questo periodo di transizione, ma il controllo effettivo del territorio e della capitale è nelle mani delle milizie armate. La Siria si trova sospesa tra il desiderio di cambiamento e il timore di nuove violenze, mentre la comunità internazionale osserva con cautela.

Un futuro tutto da scrivere

La caduta del regime di Assad rappresenta una svolta storica, ma le incognite restano molte. Il vuoto di potere, le rivalità tra fazioni e il ruolo delle potenze straniere renderanno la transizione complessa e potenzialmente instabile. Per il popolo siriano, stremato da 14 anni di guerra civile e da una crisi economica devastante, la speranza di un futuro migliore si mescola al timore di nuovi conflitti.

Il destino della Siria rimane incerto, ma una cosa è chiara: il crollo del regime Assad segna la fine di un’era e l’inizio di un capitolo del tutto nuovo nella storia del paese e della regione.