La caduta di Damasco e il trasferimento a Latakia: il racconto di Al Assad Durante l’Avanzata dei Miliziani Islamisti
L’ex presidente siriano ha raccontato le sue ultime ore in Siria, negando di aver mai considerato la fuga o le dimissioni e ribadendo la sua volontà di combattere contro l’avanzata islamista
L’ex presidente siriano Bashar Al Assad ha rilasciato oggi un lungo e dettagliato comunicato da Mosca, fornendo una testimonianza delle sue ultime ore in Siria, durante uno dei momenti più drammatici della recente storia del Paese. Nel messaggio, Al Assad ha sottolineato con fermezza che “in nessun momento” ha preso in considerazione l’idea di dimettersi o di cercare rifugio, nonostante l’avanzata delle forze islamiste su Damasco e il collasso delle istituzioni statali. Al contrario, ha dichiarato che la sua intenzione era continuare a combattere contro quello che ha definito “l’assalto terroristico”.
“Non ho mai considerato la fuga o le dimissioni”
Il comunicato, diffuso attraverso canali ufficiali russi, cerca di smentire le voci che avevano ipotizzato una fuga pianificata o una resa durante gli ultimi giorni di crisi in Siria. Al Assad ha dichiarato: “La mia partenza dalla Siria non era pianificata né è avvenuta durante le ultime ore delle battaglie, come alcuni hanno sostenuto. Al contrario, sono rimasto a Damasco, svolgendo i miei compiti fino alle prime ore di domenica 8 dicembre 2024”.
Questa dichiarazione appare come una risposta diretta alle speculazioni circolate nelle ultime settimane, secondo cui l’ex presidente avrebbe deciso di lasciare il Paese ben prima della caduta finale di Damasco. Al Assad ha voluto invece ribadire che ha continuato a dirigere le operazioni dal cuore della capitale fino a quando la situazione non lo ha costretto a trasferirsi.
Il trasferimento a Latakia e il collasso di Damasco
Nel racconto di Al Assad emerge un quadro desolante della situazione sul campo. La capitale siriana, ormai accerchiata, era sull’orlo del collasso. La decisione di trasferirsi a Latakia, città costiera nel nord-ovest del Paese, è arrivata con il precipitare della situazione a Damasco. Al Assad ha spiegato che il trasferimento è avvenuto in coordinamento con i suoi alleati russi, con l’obiettivo di “supervisionare le operazioni di combattimento”.
Tuttavia, al suo arrivo presso la base aerea di Hmeimim, Al Assad si è trovato di fronte a una realtà drammatica: le forze siriane si erano completamente ritirate da tutte le linee di battaglia e le ultime posizioni dell’esercito erano cadute. La caduta di Damasco aveva segnato non solo la perdita della capitale, ma anche il crollo delle rimanenti istituzioni statali, lasciando il Paese in uno stato di paralisi totale.
La base di Hmeimim sotto attacco
Nonostante la perdita del controllo sul territorio, la crisi non si è fermata con la caduta di Damasco. Nel comunicato, Al Assad ha descritto come la base russa di Hmeimim, che per anni era servita come centro operativo per le forze siriane e i loro alleati, sia finita sotto un pesante attacco da parte di droni nemici.
La crescente intensità degli scontri ha reso impossibile qualsiasi altra opzione di resistenza, “mentre la situazione sul campo nell’area continuava a peggiorare, la stessa base militare russa è finita sotto un intenso attacco da parte di droni”. Con l’impossibilità di garantire la sicurezza della base e il rischio imminente di un assalto diretto, le autorità russe hanno preso la decisione di evacuare Al Assad.
L’evacuazione in Russia
La sera di domenica 8 dicembre 2024, dopo il crollo delle ultime linee di difesa e l’impossibilità di coordinare ulteriori azioni militari, Mosca ha organizzato l’evacuazione immediata di Al Assad dalla Siria. La decisione è stata presa per garantire la sicurezza dell’ex presidente e per preservare un possibile futuro ruolo politico o diplomatico da parte sua. Nel suo comunicato, Al Assad ha voluto chiarire che questa evacuazione non è stata una fuga né una resa. Ha ribadito con forza che: “In nessun momento durante questi eventi ho preso in considerazione l’idea di dimettermi o di cercare rifugio, né una proposta del genere è stata fatta da alcun individuo o parte”.
Questo passaggio appare come un tentativo di rispondere alle critiche e alle speculazioni che lo hanno accusato di aver abbandonato il Paese e il suo popolo. Al Assad ha affermato che l’unica linea d’azione possibile era quella di continuare la lotta contro gli assalti terroristici, anche se ciò significava farlo da fuori dai confini siriani.
Il contesto: la Siria nel caos
Il comunicato di Bashar Al Assad arriva in un momento storico particolarmente delicato per la Siria. La caduta di Damasco e il collasso delle istituzioni statali rappresentano un punto di non ritorno per il Paese, ormai devastato da anni di guerra civile e dall’avanzata delle forze islamiste. La perdita della capitale ha segnato la fine di un’epoca e ha aperto scenari incerti per il futuro della Siria, sia a livello interno che internazionale. L’intervento russo, che per anni aveva rappresentato un pilastro fondamentale per la sopravvivenza del regime di Al Assad, sembra aver raggiunto i suoi limiti, con Mosca costretta a evacuare il leader che aveva sostenuto a lungo. Questo evento potrebbe avere profonde ripercussioni sulle dinamiche geopolitiche della regione.
Il futuro di Bashar Al Assad
Il comunicato di Al Assad lascia aperti molti interrogativi sul futuro dell’ex presidente siriano. Sebbene abbia ribadito la sua intenzione di continuare la lotta contro il terrorismo, le sue parole riflettono anche l’ammissione implicita di una perdita totale del controllo sul Paese. La sua presenza in Russia segna una nuova fase della crisi siriana, in cui il ruolo di Al Assad potrebbe ridimensionarsi ulteriormente. Resta da vedere se Al Assad riuscirà a ritagliarsi un nuovo spazio politico o se il suo esilio in Russia segnerà la fine definitiva del suo ruolo nella storia della Siria. Nel frattempo, il Paese continua a sprofondare in una crisi senza precedenti, con milioni di civili intrappolati in una guerra che appare lontana dall’essere conclusa.