La Cina si oppone “risolutamente a egemonia e autoritarismo”, lavorando alla “difesa” dell’ordine internazionale. E’ uno dei passaggi del discordo del presidente Xi Jinping tenuto nella Grande sala del popolo per commemorare i 40 anni di aperture e riforme di Pechino, a voler ridimensionare i timori sollevati dalla teoria della “Cina come minaccia’. La svolta iniziata nel 1978 ha prodotto un “miracolo”, secondo il termine usato piu’ volte da Xi in quasi un’ora e mezza di intervento, considerando che il Paese era “sull’orlo del collasso”, ed e’ la conferma di come “il percorso, la teoria, il sistema e la cultura” del Partito comunista cinese siano “stati assolutamente corretti”.
La leadership del Pcc e’ l’unica guida capace di portare la Repubblica popolare verso altri traguardi e al “nuovo miracolo” perche’, ha aggiunto con orgoglio, un Paese grande come la Cina “deve avere grandi aspirazioni”. Con quest’impostazione, saranno riformate le aree “che possono essere riformate” e non lo saranno “quelle che non possono riformate”, respingendo quindi qualsiasi pressione esterna. Nella moltitudine di numeri citati, il Pil cinese e’ cresciuto in media del 9,5% nei 40 anni contro un tasso globale del 2,9%, salendo in percentuale rispetto allo spaccato mondiale dall’1,8% del 1978 a oltre il 15% attuale. “I tormenti della fame, la mancanza di cibo e di vestiti che avevano perseguitato il nostro popolo per migliaia di anni sono finiti e non torneranno”, ha affermato il presidente, prima di tutto segretario generale del Pcc, ricevendo un applauso sobrio, ripetuto piu’ volte durante il discorso.
Xi ha menzionato la “fiducia” verso la fine dell’intervento, citando la parola che sembra quasi smarrita negli ultimi tempi di fronte a scenari economici piu’ difficili, appesantiti da una guerra commerciale in corso con gli Stati Uniti dagli esiti ancora incerti. E non e’ stato molto prodigo di complimenti verso il settore privato che, invece, ha dato una spinta decisiva alla nascita del “miracolo” dei primi 40 anni. “Rafforzeremo lo sviluppo dell’economia di Stato e guideremo risolutamente quello dell’economia non di Stato”, ha osservato Xi, ribadendo una promessa che, in base all’esperienza del passato, raccoglie all’esterno piu’ scetticismo che speranza: il mercato giochera’ un ruolo decisivo ma anche in futuro l’economia della Cina “produrrà miracoli che impressioneranno il mondo”.
Xi non ha voluto dire come intende contrastare il rallentamento della crescita cinese, né ha accennato minimamente alla guerra dei dazi con gli Stati Uniti. Ha però usato toni di retorica nazionalista, sottolineando che “nessuno è nella posizione di dettare al popolo cinese quello che deve o non deve fare”. “Dobbiamo riformare risolutamente quanto deve essere cambiato, e dobbiamo risolutamente non riformare quanto non deve essere cambiato”, ha dichiarato Xi. Leader del partito dal novembre 2012, il presidente cinese ha accentrato su di sè tutto il potere. E oggi ha ribadito il controllo del partito comunista su tutto il paese: “il partito guida tutto, il governo, l’esercito, la gente comune, gli studenti, l’est, l’ovest, il nord e il sud”.