La sintesi della giornata la fa il ministro del Lavoro Andrea Orlando che, parlando alla festa dell’Unità di Napoli si dice “cautamente pessimista”. La crisi di governo per ora non trova vie d’uscita, M5s continua a convocare e poi rimandare riunioni ma ieri sera il leader Giuseppe Conte ha diffuso una sorta di ultimatum a Mario Draghi: i 5 stelle resteranno al governo solo se arriveranno “risposte chiare” alle richieste del Movimento, un vero “crono programma” che indichi con precisione le cose da fare e i tempi in cui realizzarle, perché finora dal premier c’è stata solo una “risposta generica”. Parole dure, che certo non facilitano la composizione della situazione. Ma a questo punto si tratta di capire se porterà dei risultati il lavorio – anche del Pd – per trovare sostenitori del governo anche nelle file del “partito di Conte”, come lo chiama ormai Luigi Di Maio.
Enrico Letta lancia un ulteriore appello a Conte, chiede a M5s di “essere della partita mercoledì”. Ma le parole del leader 5 stelle non sembrano confortare le speranze Pd. D’altro canto, i malumori dentro il Movimento sono molti e i democratici sono certi che – in caso di rottura da parte di Conte – molti potrebbero decidere di seguire Di Maio nei prossimi giorni. Una possibile nuova scissione, insomma, che andrebbe a infoltire il gruppo guidato dal ministro degli Esteri. Sempre che, ovviamente, Draghi accetti di proseguire in questa situazione, con M5s di fatto esploso, diviso almeno in due tronconi, quello di Di Maio, appunto, e quello ‘ufficiale’ guidato da Conte. Un piano tutt’altro che facile da realizzare. Non solo, appunto, perché c’è da verificare la disponibilità del presidente del Consiglio. Segnali di chiusura arrivano anche dal centrodestra di governo, o meglio da Fi.
Antonio Tajani dice che il suo partito ovviamente ascolterà Draghi, ma poi precisa che comunque per Fi non c’è spazio per una nuova alleanza con M5s. Matteo Salvini, invece, si attesta su una linea più conciliante, dicendo che la Lega conferma la propria responsabilità, “nonostante le continue provocazioni e i ritardi imputabili ai 5Stelle (che hanno provocato la crisi di governo) e al Pd che anche nelle ultime ore ha insistito sul ddl Zan contribuendo ad aggiungere confusione a confusione”. Ma anche dentro al centrosinistra ci sono voce diverse. Andrea Orlando, parlando alla festa dell’Unità di Napoli, dice di ritenere “non percorribile” l’ipotesi di un governo M5s, a differenza di quanto pensano in molti ormai al Nazareno. E il ministro resta molto cauto anche nel pronunciare parole definitive nei confronti dei 5 stelle: “Aspettiamo prima di dare patenti, vediamo come finisce questa partita”.
Poi c’è Leu, pure non proprio granitica. Loredana De Petris, capogruppo al Senato, dice che le dimissioni di Draghi sono “immotivate” e chiede al premier di ripensarci perché M5s non ha votato la sfiducia. Federico Fornaro, capogruppo alla Camera, si rivolge soprattutto ai 5 stelle, spiegando che un “arroccamento” del Movimento “produrrebbe effetti devastanti. Ci si fermi finché si è in tempo”. Di tempo, però, ne resta sempre meno, solo due giorni prima delle comunicazioni di Draghi in Parlamento programmate per mercoledì. E Luigi Di Maio spiega chiaramente gli scenari possibili: “Il teatrino della politica (in queste ore, ndr) non è stato molto onorevole tra veti e bandierine. Se mercoledì non ci sono le condizioni, entro venerdì o sabato le Camere si sciolgono e si va a votare intorno al 25 settembre”.