Non ho mai nascosto di avere delle perplessità sul reddito di cittadinanza. Soprattutto sulla possibilità concreta che lo Stato possa offrire a ogni disoccupato addirittura tre lavori (se ci fossero tutte queste opportunità non ci sarebbe bisogno del reddito di cittadinanza).
Sono convinto, tuttavia, che un piano per ricostruire i centri per l’impiego e per dare nuove opportunità a chi ha perso (o non ha mai avuto) il lavoro sia necessario. Certo, c’è bisogno di regole e controlli molto stringenti per applicare un modello così ambizioso. Ma si può e si deve tentare. Non ha senso analizzare la questione del reddito di cittadinanza in maniera semplicistica o, peggio ancora, propagandistica (come fanno tanti). Il punto di partenza, a mio avviso è: dobbiamo fare qualcosa per evitare che ci siano 5 milioni di cittadini (forse anche 6) che vivono sotto la soglia di povertà.
Girando per Roma, soprattutto per le strade di periferia, io vedo anziani in evidente difficoltà e giovani sfiduciati che vivono in condizioni complicate. Li vedo ogni giorno e penso che dobbiamo agire e pure in fretta. E qui passiamo al secondo punto: che fare? In quasi tutti i Paesi d’Europa ci sono forme di reddito di cittadinanza e decine di migliaia di addetti ai centri per l’impiego. In Germania, Inghilterra, Francia e nei Paesi scandinavi le politiche del lavoro sono molto avanzate. Ecco, il reddito di cittadinanza può funzionare ma deve avere criteri molto rigidi, prevedendo ogni giorno alcune ore di lavori socialmente utili e altre di formazione (anche per evitare di lasciare tempo al lavoro in nero).
Percorsi decisi e discussi nei centri per l’impiego e che possono anche far ripartire i consumi se sarà previsto che i famosi 780 euro devono essere spesi ogni mese nei negozi italiani (in tutto sono 10 miliardi immessi nel sistema). Più difficile distinguere tra spese morali e immorali (“non esistono fenomeni morali ma solo un’interpretazione morale dei fenomeni” diceva Nietzsche) anche se un controllo è inevitabile. Poi si vedrà se ogni disoccupato riuscirà a ottenere un posto. In ogni caso siamo di fronte a un piano che ha l’ambizione di cambiare il modo in cui concepiamo il lavoro e il sostegno a chi non ce l’ha. Una rivoluzione che può avere risultati soltanto con l’impegno di tutti i cittadini.