La liturgia laica dei Democratici, sull’Italicum un’altra inutile direzione

La liturgia laica dei Democratici, sull’Italicum un’altra inutile direzione
30 marzo 2015

di Daniele Di Mario

La liturgia laica dei Democratici è attesa oggi da una nuova farsa: la direzione sull’Italicum. La scollatura tra la base Dem e l’assiste del Nazareno è sempre più evidente. La direzione sempre più prona rispetto ai diktat del premier-segretario; la pancia del partito sempre più insofferente davanti a cotanta accondiscendenza. Oggi la direzione si riunirà di nuovo per approvare la linea di Matteo Renzi sulla nuova legge elettorale che approderà alla Camera il prossimo 27 aprile. Dopo le modifiche introdotte in Senato lo scorso 27 gennaio sul testo licenziato a gennaio dall’Aula di Montecitorio il 12 marzo 2014, il premier si aspetta il via libera definitivo. E l’esito della direzione appare quanto mai scontato: un plebiscito per Renzi. L’obiettivo del segretario e dei suoi pretoriani è chiaro: in direzione si andrà per votare e sul voto la minoranza Dem si spaccherà di nuovo. Da una parte Area Riformista – più incline al dialogo – dall’altra quella Sinistra Dem da mesi ormai sull’Aventino. Il messaggio politico che verrà trasmesso all’esterno sarà quindi più o meno il seguente: tutto il Pd è con Renzi, compresa l’opposizione interna; le uniche voci di dissenso vanno intese come isolate. Quindi avanti tutta in Parlamento, perché il Pd – ma sarebbe meglio dire Renzi – così ha deciso al Nazareno. Un film già visto e i precedenti sono lì a testimoniarlo: riforme costituzionali, Jobs Act, riforma della scuola, giustizia. Un dibattito interno buono per far valere i numeri da consenso bulgaro a favore di Renzi in direzione; numeri che rispecchiano l’esito del congresso, ma che non trovano conferma in Parlamento.

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Una direzione insomma inutile, stando almeno ai propositi bellicosi di Sinistra Dem, che proprio alla Camera è intenzionata a ingaggiare battaglia, sapendo che l’esito della direzione di oggi, visti i numeri, è scontato. Sulla legge elettorale la minoranza del Pd darà battaglia in Parlamento, annuncia Stefano Fassina, spiegando che in direzione nazionale “ci comporteremo come ci siamo sempre comportati: faremo le nostre proposte ma sarà l’ennesima esibizione muscolare perché i numeri sono schiaccianti. Dispiace che non si potrà discutere perché non è un problema della minoranza. Legge elettorale e riforme portano l’Italia a un presidenzialismo di fatto. Tutti dovrebbero preoccuparsi dell’arretramento della democrazia italiana. Non è un problema della minoranza del Pd. La camera deve avere la sua autonomia. Ci saranno emendamenti in commissione. Ci sarà battaglia. Le leggi si fanno ancora in Parlamento. Senza cambiamenti significativi, per quanto mi riguarda la legge elettorale non è sostenibile”. Quella di Fassina non è una posizione isolata. “Consiglio a tutte le minoranze di far fare a Renzi il cento per cento – dice provocatoriamente Pippo Civati – La legge se la voti lui e la sua maggioranza. Se il dibattito è negato è negato. Se si vogliono annichilire le minoranze gli daremo soddisfazione”. Per Dario Ginefra “la legge elettorale non è la clava per abbattere gli avversari o la propria minoranza interna. Spetterà a tutti, ma in particolare al segretario del Pd creare le condizioni perché il tutto avvenga nella piena coesione del partito di maggioranza relativa, evitando inutili machismi e riproponendo il metodo adottato per l’elezione del Presidente della Repubblica”. Ma Renzi davvero rinuncerà a far valere i numeri schiaccianti a suo favore per trovare un accordo politico che vada al di là di essi?

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