di Carlantonio Solimene
Il sostanziale silenzio che ha avvolto le vicende interne di Forza Italia nelle ultime settimane non doveva ingannare. Sotto le ceneri di una tregua solo apparente le tensioni continuavano a infiammare le varie anime del partito, e ieri lo scontro è tornato in superficie. Protagonista, ancora una volta, Raffaele Fitto. In mattinata l’europarlamentare era intervenuto per criticare ancora una volta la “deriva leghista” di Berlusconi, “colpevole” di aver lanciato un “Cantiere delle Libertà” con Salvini per ridisegnare i confini nel centrodestra. Ma è nel pomeriggio che è arrivato il colpo di scena: la decesione del comitato di Forza Italia per le candidature alle Regionali di designare proprio Fitto come uomo su cui puntare per contendere al piddino Emiliano la poltrona di governatore della Puglia. Il comunicato era pieno di parole al miele: “Raffaele Fitto è il miglior candidato per la guida della Puglia – spiegava Altero Matteoli – la sua capacità politica è attestata anche dal consenso che negli anni ha ricevuto dai Pugliesi e il risultato personale ottenuto, da ultimo, alle elezioni per il Parlamento europeo ne è un’ulteriore riprova”. E ancora: “Non c’è dubbio che il voto degli elettori per Fitto valga ancor più di una qualunque altra consultazione, persino anche di eventuali primarie. Chiedo pertanto all’amico Raffaele Fitto di valutare la sua candidatura. Gliene saremmo grati ma lo sarebbero di più i Pugliesi”.
Ma i toni elegiaci non cancellavano del tutto il sospetto che la mossa fosse soprattutto dettata dalla volontà di mettere il “ribelle” in un angolo, usando, tra l’altro le sue stesse armi: quei quasi trecentomila voti raccolti a maggio per andare in Europa e poter alzare la voce nel partito. Quasi scontato il rifiuto di Fitto: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Possibile che si insista a proporre una mia candidatura che non sta in cielo né in terra? Alcuni si affannano a contendersi le poltroncine di prima fila del Titanic. Io ritengo più utile indicare a tutti l’iceberg, e lavorare per evitarlo insieme. Ma siamo già in zona Cesarini. Speriamo di fare in tempo”. I fittiani, a microfoni spenti, arrivano a definire quasi “indelicata” la mossa del partito: “Mentre noi lavoriamo a una prospettiva unitaria, Matteoli e gli altri lanciano una provocazione del genere? È come rispondere picche a bastoni…”. E ancor di più paradossale è la concomitanza dell’”investitura” del comitato per le candidature con l’attacco durissimo a Fitto di Simone Furlan, leader dell’esercito di Silvio e membro dell’ufficio di presidenza di Forza Italia: “Fitto sta diventando la brutta copia di Alfano, con una differenza: almeno Angelino ha avuto il coraggio di farsi un partito”.
Un punto di vista che, seppur da un’angolatura diversa, sta prendendo piede anche tra alcuni dei parlamentari che nelle ultime settimane hanno affiancato le battaglie dell’ex governatore pugliese. Tra quelli, perlomeno, che credono poco nelle possibilità di “deberlusconizzare” Forza Italia. “Non basterà, nei prossimi mesi, ribadire la giusta invocazione a rilanciare idee e programmi in Forza Italia – spiega Vincenzo D’Anna del Gruppo Gal – ma occorrerà assumere atteggiamenti conseguenziali senza attendere ulteriormente che chi si ostina a non voler sentire oggi lo possa poi fare domani”. “Io, che con Fitto è un po’ che ci vado d’accordo – aggiunge il vulcanico Maurizio Bianconi – dico: fuori la testa e avanti, perchè hai (abbiamo) il dovere di difendere e rifondare il centrodestra”. Finora nessuno parla esplicitamente di scissione. Ma quello che accadrà nei prossimi voti su legge elettorale e Quirinale, potrebbe rappresentare l’avvio di un processo di disfacimento che Berlusconi fa sempre più fatica ad arginare.