La mozione di censura al governo Barnier, le conseguenze per Francia e Ue
Taglio alle spese sociali e la mancata indicizzazione delle pensioni, ha alimentato il malcontento
Questo pomeriggio, alle ore 16, l’Assemblée Nationale sarà teatro di un momento cruciale per il futuro politico ed economico della Francia. Al centro del dibattito parlamentare, la mozione di censura contro il governo di Michel Barnier, depositata da due fronti opposti ma accomunati dall’obiettivo di mettere fine a un’esperienza di governo che, a soli due mesi dall’insediamento, sembra già arrivata al capolinea.
La mozione, proposta dal cartello di sinistra Nouveau Front Populaire e sostenuta dal Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen, potrebbe rappresentare uno dei più grandi scossoni politici degli ultimi decenni. Le probabilità che venga approvata sono alte, con un conteggio di voti favorevoli che si prevede superare la soglia dei 288 necessari per far cadere il governo.
L’Articolo 49.3 e la scintilla della crisi
A innescare la crisi è stata la decisione del premier Michel Barnier di attivare l’articolo 49.3 della Costituzione francese per forzare l’approvazione del Bilancio 2025, bypassando il voto parlamentare. Questo strumento legislativo, pur legittimo, è sempre stato controverso poiché rappresenta un atto di forza che può esacerbare le tensioni politiche.
Il progetto di bilancio mira a ridurre il deficit pubblico della Francia, tra i più alti della zona euro, introducendo misure di rigore che hanno incontrato l’opposizione tanto della sinistra quanto dell’estrema destra. La sinistra ha criticato i tagli a settori fondamentali del welfare e alle politiche di inclusione sociale, mentre il RN di Marine Le Pen ha denunciato la mancanza di risposte adeguate alle sue “linee rosse”, come l’indicizzazione di tutte le pensioni.
Una convergenza inedita tra estremi politici
La sfida al governo è stata amplificata da un’alleanza inusuale e tattica tra le due principali forze di opposizione: il Nouveau Front Populaire, guidato dalla sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, e il RN di Le Pen. Nonostante le profonde differenze ideologiche, entrambe le fazioni condividono una forte opposizione alle politiche di austerità del governo Barnier e hanno trovato un terreno comune per portare avanti la mozione di sfiducia.
Marine Le Pen, che aveva dato al governo un ultimatum sulle pensioni, ha dichiarato che il RN voterà sia la propria mozione di sfiducia che quella della sinistra. Questa alleanza temporanea tra due poli opposti del panorama politico francese ha reso il destino del governo quasi inevitabile.
Il governo più breve della Quinta Repubblica?
Se la mozione dovesse passare, il governo Barnier entrerebbe nella storia come il più breve della Quinta Repubblica, superando anche la crisi del governo Pompidou nel 1962. Questo record negativo sarebbe un duro colpo per Barnier, che era stato chiamato a guidare il paese in un momento di grande difficoltà economica e politica.
Barnier, a 73 anni, ha cercato di giustificare il ricorso all’articolo 49.3 come un atto di responsabilità nazionale. “I francesi non ci perdonerebbero di mettere gli interessi particolari davanti all’avvenire della Nazione,” ha dichiarato il premier, sottolineando l’urgenza di adottare il bilancio per evitare un collasso economico. Tuttavia, le sue concessioni, come il blocco degli aumenti delle tasse sull’elettricità e i tagli agli aiuti medici di Stato per gli stranieri, non sono bastate a placare le opposizioni.
Una crisi con ripercussioni economiche gravi
La caduta del governo Barnier potrebbe avere conseguenze drammatiche non solo a livello politico ma anche economico. La Confederazione delle Piccole e Medie Imprese (CPME) ha avvertito che una situazione di instabilità rischia di paralizzare ulteriormente un’economia già in affanno. “L’adozione di una mozione di sfiducia significherebbe l’apertura di un nuovo periodo di instabilità e un ulteriore arresto dell’economia, che già avanza al rallentatore,” ha dichiarato la CPME in una nota ufficiale.
Anche i mercati finanziari riflettono l’incertezza: lo spread tra i titoli di Stato francesi e quelli tedeschi ha raggiunto livelli che non si vedevano dalla crisi del 2012, equiparando la Francia ai paesi economicamente più fragili dell’eurozona.
Un presidente sempre più distante
La crisi non coinvolge solo il governo, ma si riflette anche sull’immagine del presidente Emmanuel Macron. In un momento così delicato, Macron si trova in visita di Stato in Arabia Saudita, un’assenza che non è passata inosservata. Secondo i sondaggi, il 52% dei francesi desidera le dimissioni del presidente, una situazione senza precedenti nella Quinta Repubblica. Il distacco di Macron dalla politica interna, aggravato dalla gestione controversa di diverse crisi, alimenta un clima di sfiducia diffusa verso le istituzioni. Se il governo Barnier dovesse cadere, le pressioni sul presidente per intervenire o addirittura dimettersi potrebbero intensificarsi.
La votazione di oggi rappresenta un momento cruciale per la Francia. Se la mozione di censura dovesse essere approvata, il paese si troverebbe a fare i conti con una nuova fase di instabilità politica, che potrebbe aggravare ulteriormente le fragilità economiche e sociali già esistenti. La storia della Quinta Repubblica è stata segnata da crisi politiche, ma raramente il sistema ha affrontato una situazione tanto complessa e imprevedibile. Il destino del governo Barnier, così come la stabilità della Francia, è appeso a un filo, e le conseguenze della decisione parlamentare odierna potrebbero essere avvertite per anni a venire.