Ad ogni modo, uno dei due fattori chiave alla base delle decisioni di oggi e’ l’inflazione eccessivamente bassa, che si e’ trascinata troppo a lungo. L’altro, ha precisato Draghi, e’ la constatazione che le misure finora previste non hanno consentito in termini “quantitativi” quella espansione del bilancio Bce che si era auspicata. E che appunto era pari a circa 1.000 miliardi di euro. A livello di mole il “bazooka” della Bce sembra aver soddisfatto i mercati, innescando balzi in avanti di Borse e titoli di Stato e un nuovo repentino calo dell’euro, sceso quasi sotto 1,14 dollari. Piu’ controverso e’ un punto cruciale della manovra: la non totale condivisione dei rischi. Sara’ pari solo al 20 per cento, ha precisato Draghi, il resto ricadra’ unicamente sui bilanci delle Banche centrali nazionali. Un possibile “neo” su cui c’erano state diverse messe in guardia alla vigilia del Consiglio. E sul quale sono piovute domande e richieste di chiarimenti durante la conferenza stampa esplicativa. Fin quasi a far spazientire il presidente. “Trovo futile tutta questa discussione”, ha sbottato a un certo punto Draghi. Che si e’ anche detto “stupito” dal fatto che il dibattito sui media su questo punto sembrava esser diventato l’aspetto piu’ importante dell’attesa manovra.
“Volevamo – ha spiegato – un sistema che mitigasse le preoccupazioni manifestate da diversi governatori su potenziali conseguenze non volute nel futuro”. Un chiaro riferimento alle resistenze di Germania e altri paesi nordici a farsi carico dei rischi delle emissioni dei paesi del Sud Europa. Ben altra cosa era il piano di acquisti Omt, il cosiddetto “scudo antispread” (mai utilizzato). In quel caso si’ che era necessaria una piena condivisione dei rischi. “Se ci chiediamo se in questo caso sia una scelta cosi’ fondamentale per l’efficacia del piano, noi riteniamo che non lo sia”. Che sia riuscito o meno a convincere gli osservatori con queste argomentazioni e’ ancora da vedere. Le misure prese oggi richiederanno comunque del tempo per essere pianamente digerite, osservano gli analisti di Bnp Paribas. Ma a livello di mercati la cura Draghi e’ stata accolta positivamente: quello che contava di piu’ era l’ammontare della manovra. Peraltro, praticamente tutte le grandi decisioni di Francoforte sono frutto di un compromesso. E secondo Donato Masciandaro, economista della Bocconi, questa limitata condivisione dei rischi e’ “un contentino ai falchi, che chiedevano di non legittimare politiche fiscali in deficit”. Il piano e’ passato con larga maggioranza nel direttori sui tempi e per “consensus”, ovvero senza voti contrari, per la parte relativa alla condivisione dei rischi. Rilevante e’ anche che vi sia stato voto unanime nel riconoscere gli acquisti di titoli di Stato come uno strumento legittimo di politica monetaria.
A tempo debito la Bce potra’ perfino acquistare titoli di Stato della Grecia. Il Qe scattera’ a marzo, ma per le emissioni elleniche bisognera’ aspettare luglio, in base ai pagamenti di titoli gia’ rilevati con il precedente programma “Smp”. Draghi ha puntualizzato che questo non deriva da regole specifiche per questo o quel paese, ma Francoforte si mette comunque al riparo da eventuali sorprese che dovessero venire dalle scelte di Atene dopo le elezioni generali che si terranno domenica. In generale la manovra avra’ effetti positivi per la modesta crescita economica di Eurolandia, su cui continuano a prevalere i rischi al ribasso. Ora “questi rischi dovrebbero calare”, ha affermato Draghi, grazie all’effetto combinato del Qe e dei cali del prezzo del petrolio. La politica monetaria rivendica ancora una volta di aver fatto la sua parte. “Tuttavia – ha concluso il banchiere centrale – per rilanciare investimenti, lavoro e crescita, altre aree decisionali devono contribuire. E’ cruciale che le riforme strutturali vengano attuate rapidamente e in maniera credibile”.