La partita dei dazi: Meloni porta a Washington la proposta “zero per zero”

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Un ministro, incrociato tra Montecitorio e Palazzo Chigi, semplicemente allarga le braccia: creano imbarazzo le parole di Donald Trump, a poche ore dall’annuncio dell’incontro con Giorgia Meloni (il 17 aprile) alla Casa Bianca. In una serata con i leader del Partito repubblicano, ieri, il presidente ha detto che decine di Stati stanno “facendo di tutto” per trattare sui dazi, letteralmente “ci chiedono di baciarci il c..o”.

Da Palazzo Chigi, naturalmente, non trapelano reazioni, ma il disagio è palpabile. Anche un ‘turbo-trumpiano’ come Matteo Salvini parla di un’immagine “abbastanza disgustosa”. Assicurando poi che l’Italia punta sul “buonsenso” più che sul “bazooka”. “Other question”, glissa Antonio Tajani, assicurando comunque che “non ci saranno ripensamenti sulla missione italiana” e che Meloni si presenterà “con la schiena dritta”.

Quella del ministro degli Esteri è la linea del governo: inutile soffermarsi sulla valanga di dichiarazioni quotidiane del presidente americano – anche quando così volgari -, l’importante è concentrarsi sulla sostanza. Del resto la visita si preannuncia tanto cruciale quanto complicata, anche solo per il fatto che cadrà a meno di 48 ore dall’entrata in vigore dei contro-dazi europei (definiti proprio ieri). Per questo la premier – che ha visto re Carlo III e la regina Rania di Giordania – è in contatto con Ursula von der Leyen per preparare il viaggio.

“Spetta alla Commissione europea negoziare per conto degli Stati membri – ricordano fonti europee – tuttavia, qualsiasi messaggio coordinato che possa essere trasmesso all’Amministrazione statunitense è benvenuto”. La proposta che Meloni porterà al presidente Usa è quella “zero per zero”, già messa sul tavolo dalla presidente della Commissione europea. Un’ipotesi che, al momento, non ha avuto riscontri da Washington. Intanto la visita di Meloni fa discutere, sia in Europa che in Italia, con le opposizioni che incalzano la premier. Sul fronte comunitario è il ministro francese dell’Industria e dell’energia Marc Ferracci a evidenziare il “rischio” di cadere nella strategia trumpiana di “dividere gli europei” mentre al contrario “dobbiamo essere uniti, perché l’Europa è forte solo se è unita”.

A Ferracci replica a stretto giro il ministro per gli Affari europei e il Pnrr Tommaso Foti: “Come mai – dice – quando il Presidente Macron si reca a Washington tutto sembra andare bene, mentre quando è la Meloni ad andare, invece no? Rispetto e reciprocità, cari amici francesi. Non ci sono nazioni di serie A e nazioni di serie B”. “Evidentemente – rileva ancora Tajani – non è stato compreso lo spirito di questa missione. L’Unione europea è ben contenta che l’Italia vada a parlare per sostenere le posizioni europee. Noi siamo l’Italia e lavoriamo nell’interesse dell’Unione europea”. L’Eliseo smentisce “preoccupazioni” per la visita di Meloni “perché tutte le voci che permettono un dialogo con gli Stati Uniti sono le benvenute”.

Pieno sostegno, invece, dal leader del Ppe Manfred Weber, che accoglie “con favore tutti i tentativi di parlare con Trump. Meloni e Tajani pensano e lavorano nella prospettiva di difendere gli interessi dell’Europa”. Sul fronte interno sono le opposizioni a incalzare la premier. Di parole “terrificanti” parla Riccardo Magi (+Europa) secondo cui Meloni è “la prima a mettersi in fila” per andare dal presidente americano “facendo ridicolizzare l’Italia”. Giuseppe Conte la invita a un “sussulto d’orgoglio”. Di fronte agli “insulti”, attacca la segretaria Pd Elly Schlein, “i sedicenti patrioti abbassano la testa ancora una volta ed espongono imprese e lavoratori a rischi enormi e a un crollo della nostra credibilità internazionale: l’Italia non può fare questa figura”.

“Questa è la fine che fanno i sovranisti nostrani: promettono di pensare all’Italia e finiscono nell’elenco dei.. Baciatori – ironizza Matteo Renzi. Prima o poi la verità verrà a galla e si capirà che Meloni e Salvini non sono patrioti ma sudditi del sovranista americano”. Alle opposizioni, e in particolare a Schlein e Renzi, replicano i capigruppo di Fdi alla Camera e al Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan. “Proprio loro che rappresentano quella sinistra che ha trasformato la sudditanza ai leader stranieri in una costante politica, di cui gli italiani hanno pagato le conseguenze – affermano – ora tentano di associare il presidente del Consiglio alle espressioni volgari di Trump. Nessuno più di Giorgia Meloni e Fratelli d`Italia rappresentano l`orgoglio nazionale. Il presidente del Consiglio italiano rappresenterà a Washington gli interessi dell`Italia a testa alta, come ha fatto in ogni sede, a differenza di quanto ci avevano abituato i governi di sinistra”. Dal ‘coro’ delle opposizioni si differenzia il leader di Azione Carlo Calenda che non ha “nessun timore” per la visita e auspica la chiusura di un “dibattito assurdo e provinciale”.