L’Anm: la politica ci deleggittima

L’Anm: la politica ci deleggittima
23 ottobre 2015

di Maurizio Balistreri

Un lungo applauso accompagna l’apertura del 32esimo Congresso dell’Anm a Bari. Parla il presidente Rodolfo Sabelli che ringrazia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, presente all’appuntamento. Poi il discorso si fa serio. Spiega che tra le toghe e la politica non è più scontro aperto, ma resta alta la tensione. Una “dinamica meno accesa nella forma, ma più complessa”. Sabelli attacca chi con una “consapevole strategia di delegittimazione” ha raffigurato l’Anm come espressione di una “corporazione volta alla difesa dei propri privilegi”. E contesta, bocciandola, la riforma della Giustizia: “C’è una “timidezza” negli interventi normativi per il contrasto alla corruzione, “incoerente” con la scelta di aumentare le sanzioni per alcuni reati comuni, che sa invece di “cedimento a superficiali appetiti giustizialisti”. Sabelli non fa nomi, ma è chiaro che si riferisce alle polemiche tra il premier e il sindacato delle toghe sulle riforme del governo che hanno riguardato lo status dei magistrati (dal taglio delle ferie alla nuova disciplina sulla responsabilità civile, ndr). Si tratta di interventi discutibili nel merito, nel metodo e nei tempi, che hanno preceduto persino quelli delle riforme, tuttora irrealizzate, del processo e dell’organizzazione e che, unite a demagogiche semplificazioni, hanno aggravato il diffuso malcontento dei magistrati. “La magistratura italiana non è un ceto elitario e oligarchico e la percezione delle istituzioni dello Stato come gruppi di potere gelosi dei propri vantaggi costituisce in se stessa una tragedia del sistema democratico”, avverte Sabelli. E, soffermandosi sul tema delle intercettazioni: “Ha finito con l’assumere una centralità che risulta persino maggiore dell’attenzione dedicata ai problemi strutturali del processo e a fenomeni criminali endemici”.

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Tutto questo avvviene nonostante una criminalità organizzata “diffusa ormai in ogni ambito e le forme di pesante devianza infiltrate nel settore pubblico e dell’economia”. Rimprovera la politica per la troppa enfasi con cui si è concentrata sul nodo degli ascolti e lamenta la disorganicità degli interventi nella materia penale e chiesto misure per l’efficienza. Secondo il leader dell’Anm non solo sono indifferibili le riforme dirette a restituire alla giustizia la sua efficacia, ma serve “una pluralità di interventi coerenti e coraggiosi”. Invece proprio nella materia penale si sta procedendo con progetti che “appaiono disorganici e troppo timidi”. In particolare la riforma del processo penale apporta solo alcune migliorie non la soluzione sistematica dei mali che affliggono i giudizi e alcune sue innovazioni, a cominciare dall’imposizione di nuovi termini per l’esercizio dell’azione penale, possono persino creare disfunzioni ulteriori. Il presidente dell’Anm attacca infine le stesse correnti della magistratura. Al Csm “vanno estirpate le degenerazioni correntizie” soprattutto nella scelta dei capi degli uffici giudiziari. Proprio mentre Palazzo dei Marescialli si accinge a coprire centinaia di incarichi direttivi. Il presidente dell’Anm lancia anche un appello a evitare la subordinazione della giustizia al potere economico: va respinta l’idea strisciante che a minori garanzie e a minori controlli possa corrispondere una maggiore crescita, come se il problema consistesse nella regola e non piuttosto nella sua violazione. Infine, Sabelli denuncia la situazione “non più sostenibile” di “gravi carenze” negli organici del personale di cancelleria, “che toccano punte del 70% di scopertura effettiva”.

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