di Gaetano Mineo
La Sicilia affonda e Crocetta pensa a ricandidarsi. D’Alia governa l’Isola già da quattro anni a fianco dell’ex sindaco di Gela, e da pochi giorni è stato attratto ancora una volta dalle sirene berlusconiane. Se non fosse realtà, sarebbe uno spunto per tirar giù una sceneggiatura per una brillante commedia siciliana. Ma siccome sono fatti, l’impressione è che siamo alla follia politica più totale. La sensazione è che a nessuno interessano le sorti della Sicilia. La politica continua ad essere lontana anni luce dalle urgenze dei cittadini. La classe dirigente seguita a rimanere chiusa tra le mura impegnata con i giochi di Palazzo. Sullo scacchiere adesso ci sono le elezioni che tra diciotto mesi (forse prima) porteranno a Palazzo d’Orléans il nuovo governatore dell’Isola. “Ci saro’ anch’io in campo”, annuncia gongolando Crocetta. Il bottino fa gola pure a D’Alia il quale già ha iniziato a ridare linfa all’immortale politica dei due forni. E così appena il leader di Forza Italia accenna a Palermo un’auspicabile riaggregazione dei moderati porgendo la mano ad Alfano, D’Alia esulta: “Credo che le parole di Berlusconi siano un segnale positivo”. In sostanza, la corsa per la presidenza della Regione è già iniziata. Il fatto è che nessun politico sembra fare i conti con l’elettorato. Prendiamo ad esempio Crocetta che, legittimamente, ha annunciato la sua candidatura a governatore. Sette siciliani su dieci considerano fallimentare la sua azione amministrativa. Solo un siciliano su dieci promuove il suo operato, mentre i restanti due finora non si sono fatti neppure un’opinione. E’ il risultato di un sondaggio Euromedia research pubblicato proprio il giorno in cui l’ex sindaco antimafia bandiva la sua discesa in campo per succedere a se stesso. D’accordo, è un sondaggio, ma di certo un segnale. Come altro segnale politico che emerge dal sondaggio e che inchioda maggiormente Crocetta è che nel “suo” centrosinistra è solo un elettore su tre a promuovere il suo governo. Il che vuol dire che è impensabile fare i conti senza l’oste.