Due super-redazioni per l’informazione Rai, meno direttori di Tg, meno poltrone. E piu’ sinergie. È la Rai modello Bbc contenuta nel piano del direttore generale Luigi Gubitosi, anticipato da ‘l’Espresso’ in edicola venerdi’. Un piano che sta gia’ scatenando tensioni in viale Mazzini ma su cui il Dg e’ pronto a giocarsi tutto, fino all’addio. Se lo bloccassero, dice infatti, “dovro’ prenderne atto”. Nel merito, la rivoluzione in viale Mazzini, riguarda tutto l’asset dell’informazione pubblica: “È la logica evoluzione del progetto di digitalizzazione e del piano industriale. Il terzo anno, sarebbe questo, prevedeva la riorganizzazione dell’area editoriale. Al tutto si e’ poi aggiunta la cessione di una quota minoritaria di RaiWay per poter valorizzare l’asset e fare cassa”, spiega Gubitosi. Il piano, prosegue il Dg, “ha un nome. Si chiama ’15 dicembre’. In quella data nel 1979 nacquero la Tgr e il Tg3 completando l’assetto delle testate. Da quel giorno sono passati 35 anni. C’e’ stato un cambiamento politico, sociale, tecnologico, economico, mediatico epocale. Ma noi siamo rimasti legati a quel modello, logico in uno schema senza concorrenza e con il Web inesistente. Allora offrire tre visioni era comprensibile. Poi il pluralismo e’ diventato lottizzazione e la lottizzazione e’ degenerata”.
Il progetto deriva dallo studio dei broadcaster internazionali. “Rispetto a loro, il modello attuale Rai e’ di una complessita’ unica. Ma solo un anno fa una riorganizzazione sarebbe stata difficilissima. Oggi con il completamento del passaggio al digitale tutte le redazioni sono diventate totalmente intercambiabili e organizzate con la stessa piattaforma tecnologica”. In questo modo sara’ tecnicamente possibile sviluppare sinergie, “si possono superare le distinzioni tra differenti testate. È il modello Bbc. Ma e’ anche quello del Gr creato da Livio Zanetti. I marchi dei tre giornali radio sono rimasti identici. Gli ascoltatori credono che non sia cambiato nulla. Invece non e’ cosi’, non ci sono piu’ tre redazioni ma una sola. L’obiettivo del ’15 dicembre’ e’ questo, che il pubblico ritrovi i marchi di sempre dei tg e i visi che sono abituati a vedere. Il cambiamento e’ strutturale ma non formale, non estetico. La nostra idea si basa su una semplificazione produttiva e sulla specializzazione delle testate. Un esempio pratico: l’assemblea dell’Anci a Firenze e’ stata seguita da quattro troupe mandate da Tg1, Tg2, Tg3 e RaiNews. Che senso ha? Abbiamo analizzato cinque eventi. Risultato: tre sono stati ripresi da quattro-cinque troupe. Due sono saltati per mancanza di troupe disponibili. Unificando le redazioni se ne mandera’ una, al massimo due e si potra’ coprire un maggior numero di eventi”.
“Abbiamo immaginato due fasi- spiega Gubitosi-, la prima si dovra’ realizzare tra il 2015 e il 2016. Prevede la nascita di due newsroom. La numero 1 sara’ composta dall’accorpamento di Tg1, Tg2 piu’ Rai Parlamento. La 2 sara’ formata da Tg3 piu’ Rai News piu’ Tgr e Ciss, meteo e Web. Newsroom 1 sara’ generalista e avra’ anche un canale istituzionale. Newsroom 2 portera’ un’evoluzione dell’all news integrando offerta nazionale, internazionale e locale. Con Newsroom 2 otteniamo un risparmio immediato. Rai News che doveva sostituire la sua digitalizzazione di prima generazione, ora potra’ usare quella di ultima di Rai Tre senza costi aggiuntivi. L’obiettivo e’ sfruttare i punti di forza che abbiamo utilizzando un unico standard produttivo. Saranno due grandi accorpamenti ma apparentemente non cambiera’ nulla”. Nella pratica, “i marchi Tg1, Tg2, Tg3 rimarrano. Chi guarda il Tg1 delle 20 continuera’ a vedere il logo e i conduttori abituali che sono caratterizzanti. Cosi’ il Tg2. Ma le due redazioni saranno state unificate. A differenziare l’offerta saranno i vice direttori, i coordinatori di impaginazione ed editoriali e i conduttori, tutti dissimili da una testata all’altro”. “Il piano che mi piace di piu’ chiamare ‘Linee guida’- dice ancora il direttore generale- non si esaurisce con la riorganizzazione delle testate. Ma e’ ovvio che il successo di questo genere di operazione implichi la condivisione a livello giornalistico, tecnico e sindacale. Anche perche’ bisognera’ rivedere una serie di figure professionali”.