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La risoluzione giallorossa sul Mes incassa via libera dal Senato. Maggioranza regge nel caos 5 stelle, primi addii

La maggioranza supera senza incidenti, nonostante i 4 voti M5s contrari, la prova del voto al Senato. Il testo della risoluzione giallorossa sul Mes, frutto di una lunga e difficile mediazione, incassa 164 voti favorevoli a palazzo Madama. Numeri che mettono in sicurezza, almeno per oggi e almeno sulla carta, il governo, con i giallorossi che superano l’asticella della maggioranza assoluta (fissata a quota 161). Certo, arrivano in soccorso alcuni voti ‘esterni’, come quello della senatrice di +Europa Emma Bonino, degli ex grillini come il comandante De Falco e Elena Fattori, e della senatrice a vita Elena Cattaneo. Ma le tensioni sono evidenti ed esplodono sia alla Camera che al Senato, con il M5s nel caos. A Montecitorio in 14 non partecipano al voto, anche se poi fonti del Movimento precisano che le assenze di 12 deputati erano state comunicate e, quindi, giustificate. A palazzo Madama, dove per tutto il giorno si sono rincorse voci di possibili e imminenti addii per andare con la Lega, in 4 votano contro in dissenso dal gruppo: sono i senatori Paragone, Urraro, Lucidi e Grassi. Ma il primo precisa che non sta per lasciare il Movimento, mentre Lucidi e’ dato ormai per perso, anche se nega di voler confluire nella Lega (“non vado sul carro dei perdenti”, dice). Incertezza sul futuro degli altri due, Grassi e Urraro. Anche se le parole del primo (“Non mi riconosco piu’ nel Movimento”) sembrano lasciar presagire un abbandono. E scoppia la polemica sul “mercato delle vacche”, come lo definisce sui social il pentastellato Primo Di Nicola, uno spettacolo “penoso” e “avvilente” solo per “far cadere il governo”.

Dalla Lega frenano, nessun arrivo imminente. Ma si trattera’ solo, spiegano fonti parlamentari, di una questione di tempo: magari in un primo momento i transfughi M5s passeranno al Misto per far ‘decantare’ la situazione e poi approderanno nella Lega. Il capo politico M5s, Luigi Di Maio, ostenta tranquillita’ e da Tirana – impegno che lo ha tenuto lontano sia dal voto alla Camera che da quello successivo al Senato – indica nell’ex alleato Matteo Salvini il vero ‘colpevole’ di quanto sta accadendo: pentastellati pronti ad andare con la Lega? “E’ la dimostrazione che da quando Salvini ha capito che il governo va avanti ha deciso di aprire il mercato delle vacche”. Quindi, Di Maio dice di augurarsi che, qualora dovessero emergere elementi, “le autorita’ giudiziarie possano verificare”. Salvini torna a far risuonare forti le sue sirene: “Per chi e’ coerente e persona per bene le porte della Lega sono aperte”, dice. Intanto il Pd prova a vedere il bicchiere mezzo pieno, nella baraonda che sta attraversando la maggioranza: “A Salvini non e’ riuscita la spallata”, osserva il capogruppo Andrea Marcucci. E il leader dem, Nicola Zingaretti, tiene a sottolineare il ruolo del Pd: “Con il voto di oggi in Parlamento il Pd ha ribadito e sostenuto la netta scelta europeista. Il governo e il premier hanno un mandato forte”. Anche i 5 stelle guardano al risultato del voto e rivendicano: “La maggioranza ha dimostrato compattezza”, afferma il ministro Federico D’Inca’. Non sono mancati momenti di tensione in Aula, sia a Montecitorio che al Senato. E ha di certo contribuito a surriscaldare il clima l’intervento in Aula di Salvini, che ha accusato i 5 stelle di incoerenza, e apostrofando il premier Giuseppe Conte – con toni irriverenti e da presa in giro – come la “copia sbiadita di Monti”.

A fine giornata il presidente del Consiglio ostenta determinazione: “Procediamo spediti”, quanto accaduto al Senato – o che dovra’ accadere se davvero alcuni M5s lasceranno la maggioranza – “non avra’ ripercussioni sul governo”. Ma superato lo scoglio del Mes, ora maggioranza e esecutivo dovranno affrontare nuove sfide interne, che gia’ hanno messo a dura prova la tenuta: non solo il voto sulla manovra, che ancora procede a rilento al Senato e arrivera’ alla Camera super blindata; ma ci sono da sciogliere anche i nodi sulla prescrizione, sull’Autonomia differenziata, la spada di Damocle degli esuberi dell’ex Ilva, il fronte Alitalia, solo per citarne alcuni. Intanto, al Senato la maggioranza studia il pallottoliere, mentre le opposizioni si dicono convinte che l’incidente e’ dietro l’angolo: “Altri M5s lasceranno il gruppo”, e’ la convinzione, e i giallorossi “non potranno ancora a lungo contare sui voti dei senatori a vita, Prodi insegna…”, e’ il pronostico che si fa al Senato tra le fila del centrodestra. Nel frattempo Zingaretti e Di Maio si danno appuntamento con il premier Conte a gennaio quando dovra’ essere siglato il nuovo patto per il proseguo della legislatura, con la consapevolezza che se il governo dovesse cadere le urne sarebbero l’orizzonte piu’ probabile. Alle condizioni date, infatti, non si vedono alternative a elezioni anticipate in caso di crisi, nemmeno se si riuscissero a raccogliere le firme necessarie per far svolgere il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari: nemmeno lo svolgimento del referendum a fine primavera sarebbe infatti considerato dal Colle una condizione sufficiente a tenere in vita una legislatura senza un governo stabile. Dai prossimi giorni dunque, gia’ durante l’esame della manovra, si capira’ se la maggioranza reggera’ con numeri solidi o se ballera’ a ogni voto.

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redazione