Sergey Lavrov invita a “non scherzare col fuoco”, la questione è “l`ennesima provocazione su Idlib” e l’interlocutore è chiaramente l’America, le cui azioni vengono definite “giochi geopolitici egoisti e controproducenti”. Il viaggio in Russia del vicepremier e ministro degli Esteri siriano Valid Muallem entra nel vivo con l’incontro con il suo omologo a Mosca. Lavrov accoglie il numero uno della diplomazia di Assad presso la residenza del ministero al quartiere Patriarshi Prudi, proprio mentre, da un’altra parte della città, presso la blindatissima e monumentale sede del ministero della Difesa si teneva il ponte video tra rappresentanti del governo russo e quello siriano.
In questi giorni, la portavoce Maria Zakharova si è scagliata contro gli Usa, “che mantengono la presenza illegale di diverse migliaia di militari sul suolo siriano e i loro più stretti alleati occidentali, che minacciano nuovamente la Siria con un’aggressione armata”. Secondo Zakharova esisterebbe uno schema in base al quale prima verrebbe “messo in scena” un attacco chimico e poi quello diventa il pretesto per un attacco alle posizioni siriane. Sempre Zakharova ha dichiarato che “l’Occidente non è soddisfatto della risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e sta cercando di cambiare gli eventi in una direzione che sarebbe più coerente con i piani di Washington e dei suoi alleati”. E ha criticato anche i questionari “sotto l’egida dell’Onu” che vengono presentati ai profughi che “hanno già espresso la volontà di fare ritorno a casa” e che esercitano “pressione psicologica sugli intervistati”.
Lavrov accoglie Muallem con un grande sorriso e una calorosa stretta di mano, ma è chiaro che il momento è molto delicato e l’arena internazionale non offre sconti. In base agli osservatori occidentali Idlib è il nuovo obiettivo di Assad, che vi ha raccolto intorno tutte le sue forze, apparentemente pronte a lanciare un’offensiva. E Assad è deciso a “liberare tutto il territorio siriano”, nonostante il rischio di una “aggressione” occidentale, ha dichiarato il capo della diplomazia siriana. “Che ci sia o meno aggressione” ha detto, “questo non influenzerà la nostra determinazione a liberare l’intero territorio siriano”, ha detto Muallem, che per ben 10 anni è stato ambasciatore a Washington e che sin dall’inizio del conflitto siriano ha puntato il dito contro gli Stati Uniti, dicendo che erano il principale attore contro la Siria.
Ora Damasco espanderà la cooperazione militare con Teheran, ha detto Muallem, dopo che il ministro della Difesa iraniano Amir Hatami e il suo omologo siriano, Ali Abdullah Ayub, hanno firmato un accordo di cooperazione nel campo tecnico militare. Secondo Muallem “l’Iran svolge un ruolo importante nella lotta al terrorismo in Siria grazie ai suoi consiglieri militari che si trovano in Siria. Pertanto, è logico che entrambi i paesi abbiano deciso di firmare questo accordo sulla cooperazione militare, che lo rafforzerà e lo consoliderà”, ha affermato. Per poi aggiungere: “faremo il massimo degli sforzi per evitare vittime tra la popolazione civile e spargimenti di sangue in generale, tuttavia, i terroristi del Fronte al Nusra ostacolano questi piani”, ha detto.
Lavrov da parte sua ha definito “inammissibile che i terroristi radicati (a Idlib), in primis del Fronte al Nusra tentino di usare quella zona di distensione per pianificare attacchi contro le posizioni dell’esercito siriano e persino per attaccare con i droni il territorio della base militare russa di Hmeymim”. La Russia però si dice preoccupata anche per la possibile disintegrazione della Siria dovuta alle “istituzioni quasi-pubbliche” create dagli Stati Uniti sulla riva sinistra del fiume Eufrate. Secondo Lavrov “i nostri partner statunitensi stanno aggiornando la riva orientale dell’Eufrate, ricostruendo infrastrutture locali, reti sociali ed economiche e persino formando quasi-istituzioni pubbliche”, ha detto Lavrov, sottolineando che “è preoccupante, potrebbe provocare tentativi di dividere la Siria”.
La riva Est dell’Eufrate resta insomma un altro punto critico. Un rompicapo ancora più complesso. L’esercito siriano dovrebbe controllare il territorio a est dell’Eufrate dopo il ritiro delle truppe statunitensi, secondo il vice ministro degli esteri russo Mikhail Bogdanov. “Il governo siriano, l’esercito siriano dovrebbe essere lì: se gli Stati Uniti affermano di aver sconfitto lo Stato islamico, qual è il problema?”. In base alle parole di Bogdanov la presenza militare statunitense ad Est dell’Eufrate non è prevista. Ma Lavrov dichiara: gli Usa hanno promesso più volte di andarsene, ma poi hanno trovato sempre pretesti per rimanere, e secondo il ministro, “ora stanno cercando di rimanere sino alla fine del cosiddetto processo politico”. askanews