Con un’agenda fitta di appuntamenti ministeriali, il segretario della Lega, Matteo Salvini, ostenta sicurezza in attesa dell’udienza del Tribunale del Riesame di Genova che nel giro di 24 ore potrebbe svuotare le casse del partito.
Eppure se i magistrati dovessero decidere di estendere il blocco dei fondi anche alle somme che entreranno in futuro nelle casse del Carroccio fino a raggiungere la quota di 49 milioni di euro a quel punto il partito, almeno come lo conosciamo oggi, “non potrebbe più esistere”. Lo ha ammesso recentemente il vice di Salvini, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, anche se non è detto che la vicenda sia al capolinea e comunque i leghisti si preparano a entrare in trincea.[irp]
Anzitutto bisognerà capire fino a che punto la magistratura riconoscerà che c’è continuità tra la vecchia Lega di Umberto Bossi e dell’ex tesoriere Franceso Belsito, condannati per truffa ai danni dello Stato in relazione ai rimborsi parlamentari del periodo 2008-2010, e quella sovranista e nazionale di oggi. Poi il ministro dell’Interno ha già pronte diverse contromisure, tanto per un eventuale cambio di nome quanto di simbolo.[irp]
Il Tribunale di Genova aveva già decretato in primo grado che le uniche somme sequestrabili erano quelle presenti nelle casse del partito al momento dell’esecuzione del provvedimento di sequestro e non quelle che sarebbero entrate successivamente nelle disponibilità del Carroccio, come richiesto dalla Procura. Lo scorso giugno è però intervenuta la Cassazione annullando l’ordinanza con la quale i giudici genovesi avevano fermato il sequestro a tappeto e chiedendo un nuovo pronunciamento del Riesame.[irp]
Certo è, paradossalmente, che un eventuale pronunciamento sfavorevole del Riesame potrebbe fare il gioco di Salvini, già incoraggiato da sondaggi che danno la Lega con il vento in poppa. Con un soggetto politico tutto nuovo l’operazione di nazionalizzazione del partito potrebbe infatti procedere più speditamente, anche senza passare da un congresso, e incoraggiare il ministro dell’Interno a tentare un rapido incasso elettorale.