Dalla Sicilia ancora una metafora. Ed un esperimento. Quello dell’inconcludenza rovinosa delle “rottamazioni”, gabellate per riforme ed innovazioni. Alla Sala D’Ercole l’ARS, il Parlamento Siciliano, con un voto segreto a sorpresa (mica tanto sorprendente!) ha mezzo “rottamato” la pseudo riforma rottamatoria delle Provincie, che, secondo la fantasia costituzionale di Crocetta dovrebbero essere trasformate in “liberi consorzi di comuni”, con tre “aree metropolitane (Palermo, Catania, Messina). L’altro ieri è, intanto saltata l’”elevazione” delle tre Città a “metropoli”. Si è alla ricerca dei “franchi tiratori” che hanno fatto il brutto tiro al “rivoluzionario” presidente. E’ allo stallo anche la costituzione (si direbbe piuttosto coatta) dei liberi consorzi, di cui, intanto, era emerso l’unico dato certo: a fronte di nove Provincie da rottamare i consorzi da “liberamente imporre” dovrebbero essere come minimo una dozzina. Primo fra tutti quello di Gela, “liberamente” eletta a capo-consorzio. Gela tradizionalmente, aspirava ad essere promossa provincia. Gela è la città di Crocetta che, così avrebbe dovuto passare alla storia cittadina come il “promotore”, anche se un po’ di ripiego, consortile.
Il commissariamento delle “rottamande” Provincie, è stato prorogato, pare non troppo limpidamente, al 30 giugno. Così le “blitz riforme” di Crocetta marcano il passo. E comincia a trasparire con tutta evidenza che il “riformismo” di Crocetta è chiaro e lucido finché magari, si tratta di demolire l’esistente, ma del tutto confusionario, utopistico ed inconcludente quando occorre, prima o poi, passare alla fase della vera e propria “innovazione”, con la definizione di un nuovo assetto. Anche le riforme crocettiane (o si dovrebbe dire “crocifere”, certo non “cruciali, insomma, di Crocetta) hanno una sola caratteristica che appaia costante e che come tale viene sbandierata: quella di mirare a risparmiare indennità di consiglieri, assessori, presidenti e spese elettorali. Peccato che però, anche a questo riguardo, non siano affatto concludenti. Intanto, perché, poco che costino i consorzi, dodici (o più) costano più di nove. Poi lo stallo del Parlamento Siciliano che da mesi cincischia con questa riforma (che doveva essere conclusa entro settembre) deve pure avere un costo. E poi il “passaggio” dai vecchi ai nuovi enti, comunque denominati, ha, per comprovata esperienza, costi non indifferenti. Per non parlare di indennità, trasferte, viaggi, diarie nel giuoco (solitamente prolungato) ai quattro cantoni del personale provinciale-consortile etc. etc.
L’idea che basti usare le parole “consorzi” piuttosto che “Provincie”, per far diventare sparagnini e risparmiatori uffici finanziari ed impiegati, è piuttosto ingenua, tanto per non dir altro. Intanto, però, più che il “rottamatore” isolano, chi mostra di “tirare diritto”, senza la minima preoccupazione di produrre qualcosa di positivo, sono i “monnezzari” di Sicindustria, i “padroni del vapore” (anzi, della “puzza”) i signori delle discariche, gli “industriali antimafia”, quelli che all’opposizione (cioè alla concorrenza) rispondono con un “come te movi te furmino” che demonizza e distrugge ogni tentativo di “abbassare la guardia”. Senza bisogno di invocare lo spread etc. etc. La Sicilia è al fallimento, con le Provincie o con i liberi consorzi e le Aree Metropolitane. Il riformismo, anzi, la rivoluzione, delle chiacchiere di Crocetta, diffuse e strombazzate con il “Megafono” o con i microfoni delle conferenze stampa del P.D., sta ogni giorno più chiaramente dimostrando di essere (ed essere stato) solo un espediente per mascherare il dissesto dietro il polverone della rovina “rivoluzionaria” delle istituzioni. Crocetta, tra l’altro, ha provocato in Sicilia una delle solite, tradizionali corse al soccorso del (supposto) vincitore.
E’ accaduto ora: “tutti nell’area Renzi”. Come era avvenuto con Berlusconi, con la D.C., con Mussolini. “La Sicilia come metafora”, ancora una volta. Questa storia della grande riforma istituzionale da operetta della “moltiplicazione consortile delle Provincie”, del balletto delle Città metropolitane etc. etc. ha lo stesso sapore della riforma del “rottamatore della Leopolda”, Renzi, con il suo progetto di Senato-Camera delle autonomie low cost, che mette tutti d’accordo finché non si sa che cosa debba essere, per farli scannare quando si proverà a capire come realmente farla funzionare. Ma la metafora non finisce qui. Interessi estranei, ignoranza ed inciucismo di mezze cartucce della “nuova politica”, machiavellismo di terz’ordine. E diversi fatti specifici di cui pure dovremo finire col parlare. Crocetta sembra aver già segnato la strada che sarà percorsa dal boy-scout rottamatore (sfasciacarrozze) preteso riformatore. Non è un caso che la stampa, sempre pronta a scatenare sulla “Sicilia in odore di mafia” le tempeste del moralismo nazionale ed internazionale, sia così avara di notizie e di commenti di fronte al fallimento del “professionista” (ma vorremmo dire altro) dell’antimafia e della sua tragicomica “rivoluzione”. (giustiziagiusta)