La Spagna lancia la settimana corta: meno ore di lavoro e stesso stipendio

Tra le novità, i dipendenti non saranno più obbligati a rispondere a chiamate, email o messaggi al di fuori dell’orario di lavoro. Sindacati esultano, ma gli industriali abbandonano il tavolo

la ministra del Lavoro Yolanda Diaz

La ministra del Lavoro Yolanda Diaz

Una svolta epocale che divide il Paese. Il governo spagnolo ha approvato ieri un disegno di legge che riduce l’orario lavorativo settimanale da 40 a 37,5 ore senza tagli agli stipendi, un cambiamento che non si registrava dal 1983. Un annuncio celebrato dalla ministra del Lavoro Yolanda Diaz, esponente di Sumar, partito di estrema sinistra, come “una vittoria per la dignità delle persone”. Ma il percorso verso l’approvazione in Parlamento resta in salita, con una maggioranza ancora da costruire e l’opposizione delle organizzazioni imprenditoriali.

La proposta: meno ore, stesso stipendio

Il testo, frutto di un accordo con i sindacati UGT e CCOO, introduce due novità rivoluzionarie: la prima la riduzione di 2,5 ore settimanali, ottenuta tagliando mezz’ora al giorno, con l’obiettivo di “aumentare la produttività e il benessere”; la seconda novità è il diritto alla disconnessione digitale, ovvero i dipendenti non saranno obbligati a rispondere a chiamate, email o messaggi al di fuori dell’orario di lavoro. “Nemmeno se a chiamare è un ministro”, ha sottolineato Diaz. “Dopo ore di lavoro, la produttività non cresce, crolla. È tempo di modernizzare un sistema obsoleto. Non è ideologia, è scienza: lavoratori felici creano valore” ha sottolineato la ministra del Lavoro.

Le organizzazioni industriali, dalla CEOE alla Cepyme, attaccano la riforma: “Ignora la realtà delle aziende. Senza accordo, si penalizza l’economia”. Critiche anche dal centrodestra, che parla di “propaganda elettorale” in vista delle regionali.

Nodo parlamentare

Nonostante i toni trionfali, il testo deve affrontare un Congresso dei Deputati diviso. Sánchez conta su 172 voti su 350, ma necessita del sostegno di forze indipendentiste come la basca Bildu. Un rebus politico che potrebbe rallentare (o affossare) la legge, mentre i sindacati annunciano mobilitazioni per “difendere il provvedimento”.

Se approvata, la Spagna diventerebbe il primo grande Paese Ue a sperimentare la settimana corta su scala nazionale, seguendo l’esempio di Belgio e Islanda. Ma il vero banco di prova sarà convincere un tessuto imprenditoriale già in affanno. Intanto, il mondo osserva: questa è la prima pietra di una nuova era del lavoro o un esperimento destinato a fallire? La risposta, tra aula parlamentare e fabbriche, potrebbe ridefinire il futuro dello smart working europeo.