Non sarà più a vita ma durerà al massimo tre anni e costerà circa due miliardi all’anno in meno agli italiani. Ecco, in estrema sintesi, la “stretta Meloni” al Reddito di cittadinanza. La bozza, attualmente sul tavolo della presidente del Consiglio, è agli ultimi ritocchi per poi essere inserita nella Manovra. L’intenzione del governo Meloni è quella di garantire il sussidio di Stato solo a chi non è in grado di lavorare, mentre per tutti gli altri potrebbe arrivare un taglio. Quindi, manterrebbero il RdC solo gli invalidi, chi è in difficoltà e chi ha minori a carico senza adeguati mezzi di sostentamento. Verrà ridotta la platea dei beneficiari, anche introducendo il limite di età dei percettori: la soglia dei 60 anni diventerà scriminante per togliere o meno il sussidio. Il primo effetto concreto della riforma scatterà il prossimo primo giugno, ovvero entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di Bilancio. Da quel momento in poi, niente più RdC per circa 660 mila cosiddetti “occupabili”, ovvero tutti coloro che sono tecnicamente in grado di lavorare. Parliamo di circa il 25% del totale degli attuali percettori del sussidio, e la cancellazione del Reddito per questa fascia comporterebbe un risparmio di circa 2 miliardi di euro l’anno. Quindi, se l’aboliscono solo tra sei mesi per il 2023 il risparmio sarebbe circa un miliardo.
Da giugno niente RdC per gli “occupabili”
A questo punto, dal primo giugno 2023, rimarrebbero a ricevere il sussidio soltanto persone in condizioni di oggettiva difficoltà come disabili o chi ha famiglie numerose. Questa, è la “bozza Meloni”. Al vaglio c’è anche la proposta del sottosegretario al Lavoro, Carlo Durigon. L’esponente di governo leghista, propone di aumentare il periodo di sospensione da uno a sei mesi, e di inserirvi all’interno un corso di formazione per aiutare il disoccupato a trovare lavoro. L’idea del sottosegretario, è pure di mantenere l’assegno invariato per i primi 18 mesi, e poi di ridurlo dopo ciascuna sospensione. Le norme in vigore fino a oggi, prevedono che dopo 18 mesi di percezione del RdC, arriva una pausa di un mese (Durigon la porterebbe a sei mesi) durante la quale le condizioni del percettore vengono valutate. Se sono rimaste invariate rispetto all’inizio, il sussidio riprende a essere erogato il mese successivo. E così si può continuare, virtualmente, all’infinito, ogni anno e mezzo. Con la riforma, In ogni caso, si arriverà ad un percorso totale di 36 mesi, al termine dei quali il sussidio cesserà. Per meglio capire il RdC, qualche cifra è opportuna. Questa misura di contrasto alla povertà è attiva da aprile 2019 e che nel 2022 ha raggiunto almeno una volta 1,1 milioni di famiglie. Il sussidio costa intorno a 9 miliardi all’anno, e finora lo Stato ha sborsato circa 32,3 miliardi. Al momento le persone che in qualche modo ne beneficiano sono 2,4 milioni. I nuclei con minori sono 328 mila e l’importo medio erogato è di 550 euro.
Il M5S pronto a fare le barricate
E ancora: dei 660 mila “occupabili”, almeno 480 mila, secondo l’Anpal, non firmano un contratto da almeno tre anni e non vanno oltre la terza media. Secondo l’Inps, invece, gli occupabili immediatamente sono meno: 372 mila. E sono proprio questi dati contrastanti a rallentare il lavoro del governo. Infatti, individuare esattamente la platea dei beneficiari “occupabili” sulla quale applicare la stretta annunciata dalla Meloni non è semplice, perché il sussidio viene assegnato al nucleo familiare, al cui interno possono esserci sia soggetti abili che inabili al lavoro. Sul fronte politico, i pentastellati sono pronti a fare le barricate. Per il leader M5s, Giuseppe Conte, “siamo pronti a dare vita a un’opposizione fortissima in tutte le sedi, nelle Istituzioni e nel Paese”. E non mancano le perplessità di fronte all’ipotesi di cancellare il sussidio tra sei mesi a chi è ritenuto “occupabile” anche all’interno della stessa maggioranza di governo. Eloquente, Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria. “La Calabria – dice l’esponente di spicco di Forza Italia, intervistato dall’Adnkronos – è una Regione con uno dei tassi più alti di povertà assoluta. Per questo motivo, il Reddito di Cittadinanza, nella parte che riguarda il contrasto alla povertà, è una misura che in un periodo come questo non si può cancellare”.