La supremazia tecnologica nei sistemi d’arma orbitali degli Stati Uniti è a rischio. E a minarne le fondamenta è, ancora una volta, la Cina, che ha iniziato la sua corsa alle armi antisatellite appena 15 anni fa. Ma oggi, sottolinea il New York Times, il ‘Dragone’ è già in grado di minacciare la ‘flotta’ orbitale che ha dato per anni alle forze armate degli Stati Uniti un grande vantaggio tecnologico sul resto del mondo. Armi avanzate dispiegate nelle basi militari cinesi, infatti, possono lanciare testate in grado di distruggere i satelliti e sparare raggi laser che hanno un potenziale per accecare schiere di sensori, anche i più sofisticati. Secondo gli esperti, gli attacchi informatici cinesi possono, almeno in teoria, impedire al Pentagono di entrare in contatto con le flotte di satelliti che tracciano i movimenti nemici, trasmettono le comunicazioni tra le truppe e forniscono informazioni per il puntamento preciso delle armi intelligenti. Tra le questioni di sicurezza nazionale più importanti che ora il presidente Biden dovrà affrontare, così, c’è anche la strategia da attuare per contrastare la minaccia rappresentata dalla Cina per contrastare la minaccia rappresentata dalla Cina per le forze armate americane nello spazio e, per estensione, per le forze terrestri che fanno affidamento sulle piattaforme aeree.
D’altra parte, Biden deve ancora indicare cosa intende fare con l’eredità del suo predecessore Donald Trump in questo delicato settore, ovvero la Space Force, un nuovo ramo delle forze armate che in passato è stato criticato come un’escalation costosa e sconsiderata che potrebbe generare una nuova pericolosa corsa agli armamenti. Trump ha più volte rivendicato la decisione di creare questa unità come sua, sebbene la creazione della Space Force abbia rappresentato anche il culmine delle scelte strategiche dei suoi predecessori, i presidenti George W. Bush e Barack Obama, per contrastare una Cina sempre più proiettata agli investimenti e alla crescita in campo militare. ‘Ci siamo resi conto che i nostri sistemi spaziali sono abbastanza vulnerabili’, ha detto Greg Grant, un funzionario del Pentagono nell’amministrazione Obama che ha contribuito a ideare la sua risposta alla Cina. ‘L’amministrazione Biden vedrà più finanziamenti, non meno, destinati alla difesa spaziale e ad affrontare queste minacce’. L’obiettivo Usa è creare una presenza americana in orbita così resistente che, non importa quanto letali siano gli attacchi, potrà funzionare talmente bene da consentire ai militari di proiettare la potenza Usa dall’altra parte del globo in azioni di rappresaglia e contrattacchi terrestri. Una circostanza che servirebbe anche, se non soprattutto, a scoraggiare eventuali raid di Pechino.
Il nuovo segretario alla Difesa, Lloyd J. Austin III, ha detto al Senato che avrebbe cercato di aumentare il ‘vantaggio competitivo’ del paese contro il sempre più potente avversario militare. Tra le altre cose, ha chiesto nuovi progressi americani nella costruzione di ‘piattaforme spaziali’ e ha ripetutamente definito lo spazio un dominio di guerra. ‘Lo spazio è già un’arena di grande competizione per il potere’, ha detto Austin al Senato, con la Cina che rappresenta ‘la minaccia più significativa per il futuro’. Per questo motivo, la nuova amministrazione Usa non disdegna la collaborazione con le società private di innovazione nel settore spazio, quella che lo stesso Austin ha definito una ‘partnership con entità spaziali commerciali’. Se basterà agli Usa per riprendere forza e vigore rispetto alla Cina non è facile stabilirlo. E gli stessi esperti Usa non sono concordi sul fatto che gli Stati Uniti stiano facendo troppo o troppo poco. I falchi della Difesa hanno fatto pressioni per decenni per la creazione di un corpo militare spaziale e hanno chiesto maggiori spese per le armi. Ma gli analisti più cauti vedono la Space Force come un focolaio di nuove tensioni globali e una scusa per Pechino per accelerare le proprie azioni minacciose. Alcuni di loro vanno addirittura oltre e lo definiscono un’iniziativa precipitosa che aumenta a dismisura la probabilità di una guerra.
Per anni, i cinesi hanno studiato – con crescente ansia – l’esercito americano, in particolare le invasioni dell’Afghanistan nel 2001 e dell’Iraq nel 2003. I successi sul campo di battaglia sono stati interpretati come strettamente connessi alla supremazia Usa nel dominio spaziale. Gli analisti cinesi hanno notato che migliaia di bombe a guida satellitare e missili da crociera sono piovuti con una precisione devastante sulle forze talebane e sulle difese irachene. ‘Hanno visto come gli Stati Uniti riuscivano a proiettare il loro potere’, ha detto Todd Harrison, analista spaziale presso il Center for Strategic and International Studies, un think tank di Washington. ‘E hanno visto che esso era in gran parte indifeso’. Così la Cina ha iniziato i suoi test antisatellite nel 2005. Ha lanciato due missili in due anni e poi ha fatto notizia nel 2007 per aver frantumato un satellite meteorologico abbandonato. Non c’è stata nessuna esplosione. La testata si è schiantata semplicemente contro il satellite a una velocità accecante, ricorda il New York Times. Il test ha rappresentato il primo atto di distruzione di questo tipo dalla Guerra Fredda.
Nel frattempo, l’amministrazione Bush ha fatto poco. Poi, in una dimostrazione di forza destinata a inviare un messaggio a Pechino, nel 2008 ha lanciato un missile sofisticato per abbattere uno dei suoi stessi satelliti. Pechino, da parte sua, ha condotto una dozzina di test in più, compresi quelli in cui le testate hanno sparato molto più in alto, mettendo in teoria a rischio la maggior parte delle classi di veicoli spaziali americani. La Cina ha anche cercato di diversificare la sua forza antisatellite. Una testata potrebbe impiegare ore per raggiungere un’orbita alta, dando potenzialmente alle forze americane il tempo per un’azione evasiva o di ritorsione. Inoltre, la velocità dei detriti di un attacco riuscito potrebbe mettere in pericolo la stessa navicella spaziale di Pechino. Dunque, la Cina ha iniziato a sparare deboli raggi laser sui satelliti e ha studiato altri modi per colpire alla velocità della luce. Tuttavia, si è ritenuto che tutte le tecniche richiedessero anni e forse decenni di sviluppo. Poi è arrivata la svolta. L’idea è stata che siccome ogni aspetto del potere spaziale americano era controllato da terra da potenti computer, bastava penetrarlo, per degradare o distruggere il cervello di tutte le flotte spaziali di Washington. Non solo: tali attacchi, rispetto a qualsiasi altro tipo di iniziativa antisatellite, sarebbero stati anche notevolmente più economici. Per questa ragione, la Cina ha iniziato a incorporare attacchi informatici nelle sue esercitazioni militari, principalmente nei primi attacchi contro le reti nemiche.
Nel 2008, gli hacker cinesi hanno preso il controllo di un satellite di imaging civile chiamato ‘Terra’ che orbitava a bassa quota, come un mezzo da ricognizione militare. Lo hanno fatto due volte – la prima a giugno e di nuovo a ottobre – aggirando i circuiti di controllo con apparente impunità. Sorprendentemente, in entrambi i casi, gli hacker hanno realizzato tutti i passaggi necessari per comandare la navicella ma si sono astenuti dal farlo, apparentemente per nascondere la loro impronta. Ma è chiaro che già in quell’anno Pechino aveva fatto passi da gigante e molti ufficiali Usa temevano che Washington fosse troppo gravata dalle responsabilità assunte con i trattati sul controllo degli armamenti per poter reagire rapidamente. Nel suo secondo mandato, l’amministrazione Obama ha reso pubblica quella che ha definito una ‘strategia di compensazione’ per rispondere alla Cina e ad altre minacce capitalizzando il vantaggio tecnologico dell’America, accelerando l’ascesa della robotica, delle armi ad alta velocità e di altre scoperte che potrebbero potenziare le forze armate per decenni. I progressi nello spazio dovevano essere difensivi: sciami di piccoli satelliti relativamente economici e flotte di lanciatori riciclati che avrebbero travolto Pechino con innumerevoli posibili bersagli.
L’amministrazione Obama, che stava già applicando la sua nuova filosofia commerciale alla Nasa, trasformando l’agenzia spaziale in un importante finanziatore di progetti imprenditoriali, ha aggiunto nuove partnership con Elon Musk, il fondatore di Tesla, e Jeff Bezos, il fondatore di Amazon. Le loro compagnie spaziali – SpaceX e Blue Origin – hanno cercato di trasformare i lanciarazzi da usa e getta in riciclabili, riducendo i loro costi. E nell’aprile 2016, Obama ha potuco così twittare le sue congratulazioni a Musk quando, per la prima volta, un booster SpaceX è atterrato con successo su una piattaforma in mare. Due anni dopo, Trump ha svelato il suo progetto sulla Space Force. A marzo l’unità ha dichiarato di aver preso possesso della sua prima arma offensiva, un sistema che lancia fasci di energia per disturbare i veicoli spaziali. Il tenente colonnello Steve Brogan, uno specialista dei combattimenti spaziale, ha affermato che l’acquisizione ‘è fondamentale per lo spazio come dominio di guerra’.
L’anno scorso, invece, l’amministrazione Trump ha chiesto al Congresso il via libera alla costruzione di un arsenale anti-armi spaziali, destinando al progetto molte centinaia di milioni di dollari. I funzionari di Trump hanno descritto l’iniziativa come una risposta soprattutto ai progressi di Pechino. Nel 2019, la Defense Intelligence Agency del Pentagono ha avvertito infatti che la Cina sembra lavorare a una nuova generazione di laser estremamente potenti che potrebbero prendere vita entro la metà di questo decennio, mettendo a rischio nuove classi di satelliti americani. E secondo gli analisti, ora l’amministrazione Biden potrebbe mantenere la Space Force, che ha il sostegno bipartisan al Congresso. Gli esperti militari considerano il suo alto profilo come un chiaro messaggio a Pechino: la supremazia nello spazio è stata e rimarrà degli Usa. askanews