Cultura e Spettacolo

La terza vita di Ciro porta “Gomorra” nella sale con “L’Immortale”

La serie di “Gomorra” prosegue al cinema con un esperimento unico in Italia: “L’immortale” diretto da Marco D’Amore, che racconta le radici e l’evoluzione di Ciro di Marzio, è un film a sè stante ma è anche il ponte tra la quarta e la quinta stagione di “Gomorra”. Inizia lì dove il racconto si è interrotto e mostra il presente di Ciro, che non è morto, e continua la sua attività criminale nel Baltico. Parallelamente emergono i ricordi di quando “l’immortale” era bambino: sopravvissuto, orfano, al terremoto di Napoli dell’80, diventa scugnizzo di strada, cresce alla corte di un piccolo criminale, lo segue dai furtarelli al contrabbando di sigarette, e la sua strada è segnata. D’Amore racconta: “Ciro è stato il mio sogno e il mio incubo, ho fatto con lui un grande percorso spalla a spalla, ho provato a non giudicarlo mai, cioè a non mettermi mai nella posizione per cui io ero buono e lui era cattivo. E questo interrogatorio continuo alla fine è diventato un dialogo, perché mentre lo interrogavo a volte lui rispondeva con delle domande. E queste domande mi hanno fatto riflettere soprattutto sul mio passato, sulle possibilità che la vita mi ha offerto da bambino e che a lui sono state negate”.

Il Ciro bambino (interpretato nel film da Giuseppe Aiello), a cui muore la madre sotto le macerie, è sveglio e non ha scelta nella miseria del post terremoto. In tutto il suo percorso quell’uomo, che impersona il male, vive un conflitto totalmente interiore, che lo rende profondamente solo. “Credo che in tutta la sua esistenza lui rincorra quella figura, quell’amore, quel sentimento che gli è stato negato, e sia in ragione di quel sentimento, ma anche in mancanza di quel sentimento, lui agisca e lo faccia con grande cattiveria, con grande violenza, come chi sente di aver subito un grande torto nella vita e che deve prendersi indietro quello che gli spetta”. Dal film emerge come l’inizio del percorso che ha portato poi la camorra a gestire il traffico di droga in tutto il mondo nasca proprio a Napoli alla fine degli anni Ottanta. “Si passa da una criminalità guascona, piratesca, di scafi blu nella notte, di contrabbando di sigarette, all’avvicinarsi di queste famiglie dell’area nord di Napoli che si contrapponevano ai cutoliani, che hanno raccolto quelli che in strada dal contrabbando erano rimasti orfani, e ne hanno fatto spacciatori, criminali, associati, trasformando quella criminalità guascona e piratesca in una criminalità feroce e spietata, così come raccontiamo nella serie”.

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redazione