La tragedia greca (dell’euro) che agita le notti a Pechino

Per status politico ed economico la Cina non poteva restare insensibile davanti alla crisi della Grecia. Nella visita in Europa la scorsa settimana il premier Li ha osservato che la crisi di Atene “preoccupa la Cina e tutto il mondo” auspicando “che “venga individuata una soluzione positiva che consenta alla Grecia di rimanere nell’euro”. La diplomazia cinese nei confronti dell’Europa poggia soprattutto su aspetti economici. A differenza della Russia, l’interesse di Pechino sullo scacchiere europeo non contempla implicazioni geopolitiche. L’Europa sta diventando sempre più centrale nella strategia della Cina per gli investimenti all’estero. Negli ultimi quattro anni il flusso di investimenti cinesi in Europa registra i tassi di crescita più consistenti. Solo l’anno scorso sui 100 miliardi di dollari di investimenti diretti all’estero realizzati da imprese cinesi, 18 miliardi sono stati localizzati in Europa, il doppio rispetto al 2013. E’ evidente che la Cina non dorma sonni tranquilli davanti alla prospettiva della Grexit. “L’Europa è diventata una delle aree principali per gli investimenti cinesi – osservano alla Baker & McKenzie – in costante crescita da sei anni e con elevata diversificazione”. La Grecia in quanto tale è marginale nell’ottica di Pechino. Gli investimenti diretti della Cina ammontano ad appena 405 milioni di euro. Poi c’è il dossier della privatizzazione del porto del Pireo dove i cinesi di Cosco sono pronti a investire oltre 5 miliardi di euro per lo sviluppo infrastrutturale e puntano al 67%. Il governo Tsipras finora ha cambiato spesso idea. Appena insediato ha bloccato le privatizzazioni, poi a maggio l’annuncio della ripresa delle trattative con i cinesi ma al momento non fanno passi concreti in avanti.

Il governo cinese e i colossi pubblici sono preoccupati dall’effetto contagio sul resto dei paesi euro, proprio mentre Pechino sta intensificando i flussi di investimento in Europa. “L’area euro ed i paesi cosiddetti periferici come Italia, Spagna e Portogallo stanno attirando l’interesse della Cina – afferma l’istituto di ricerca Rhodium Group – la Gran Bretagna resta la principale meta della Cina con 5 miliardi l’anno scorso, ma l’Italia è diventato il secondo paese con quasi 4 miliardi nel 2014”. Sempre nel 2014 la Cina ha investito per acquisizioni 2 miliardi di dollari in Portogallo e 1,4 miliardi in Spagna con la Germania relegata in quinta posizione con 1,6 miliardi. Negli ultimi tre anni la Cina ha investito in totale oltre 13 miliardi di euro in Italia, Portogallo e Spagna. La penisola continua ad essere oggetto del desiderio dei cinesi, confermato nei giorni scorsi dall’annuncio di Bank of China di aver rilevato partecipazioni del 2% in Mps e UniCredit, allungando l’elenco delle quote possedute nel gotha di Piazza Affari, da Generali a Fiat, da Telecom a Fca, da Eni a Enel. Oltre all’accordo di ChemChina con Pirelli.

“L’interesse crescente della Cina per l’Europa – scrivono gli analisti del gruppo EY Knowledge – si spiega con il profondo cambiamento della strategie di Pechino sul tema delle acquisizioni”. Fino al 2010 gli investimenti erano concentrati sulle materie prime, il 61% del totale veniva dirottato su energia e settore minerario. Oggi “le politiche di investimento cinesi sono più sofisticate, dalle materie prime l’interesse si è spostato sull’industria manifatturiera, sull’agroalimentare e nella tecnologia”. Nel 2010 la Cina ha realizzato 28 acquisizioni di aziende europee, l’anno scorso il volume è arrivato a 153″. Gli analisti di BlackRock, il colosso mondiale del risparmio, in un report sugli investimenti mondiali sottolineano che la Cina aumenterà la potenza di fuoco per le acquisizioni in Europa. Tra l’altro sta beneficiando dell’indebolimento dell’euro che in un anno ha perso il 25% del valore sullo yuan. “I cambiamenti nell’assetto dell’economia cinese sono il principale driver della strategia di crescente interesse sull’Europa – ha scritto in uno studio Toby Clark, capo dell’investment banking di Cicc – riflettendo il passaggio da una strategia sulle materie prime ad una orientata dalla domanda dei consumatori”. E l’anno in corso è destinato a segnare il nuovo record. Solo considerando Pirelli, e le partecipazioni in Club Med e in Louvre Hotels Group già si superano i 15 miliardi di euro. Per questo a Pechino fanno il tifo per un lieto fine della tragedia greca (dell’euro).

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