L’ultimo decreto legge, sembra far paura più del coronavirus, a leggerlo letteralmente. Non sappiamo s’è l’effetto delle teleconferenze che oramai a Palazzo Chigi sono all’ordine del giorno. Ma lasciare sul groppone delle imprese e dei cittadini la responsabilità di certi oneri che, quanto meno, dovrebbero avere delle linee guida più chiare e ricche di buon senso, non appare certo un’azione di un governo che proprio in questo straordinario periodo dovrebbe manifestare un senso di responsabilità che va oltre l’ordinario, se così possiamo dire. Ma andiamo con ordine. E partiamo dall’ultimo testo sfornato da Palazzo Chigi ieri relativo al “Decreto-legge recante misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. In sostanza, altre norme per rendere sempre più fitta la lotta al coronavirus, giustamente. Come è noto, uno dei seri problemi di queste ultime ore è la mancanza delle mascherine protettive sia per gli operatori sanitari, sia per gli stessi cittadini. Ebbene, il Conte 2 ha stabilito, in deroga alle attuali normative, che le aziende che intendono convertire la loro produzione in quella di mascherine possono farlo ma a loro rischio e pericolo, economicamente parlando. Mai come in questo caso, è meglio trascrivere parte del relativo articolo del decreto (art. 15) per meglio capire.
“Le aziende produttrici che intendono avvalersi della deroga di cui al comma 1, devono inviare all’Istituto superiore di sanità autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, dichiarano quali sono le caratteristiche tecniche delle mascherine e che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici devono altresì trasmettere all’Istituto superiore di sanità ogni elemento utile alla validazione delle mascherine oggetto della stessa. 4. L’istituto superiore di sanità – prosegue il decreto – nel termine di 2 giorni dalla ricezione di quanto indicato nel comma 3, si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine alle norme vigenti. 5. Qualora all’esito della valutazione di cui al comma 4 le mascherine risultassero non conformi alle vigenti norme, impregiudicata l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione, il produttore cessa immediatamente la produzione”. E i danni chi li paga all’imprenditore che magari tra qualche giorno aveva programmato, suo malgrado, il licenziamento di qualche dipendente e con questo decreto, forse aveva intravisto una boccata d’ossigeno? Il provvedimento, questo non lo riporta. Ma di certo, se così fosse, l’imprenditore avrebbe perso capre e cavoli, per usare un eufemismo.
Non sarebbe meglio che prima Iss e azienda, concordassero quali sono le caratteristiche di una mascherina a “norma di legge” in modo tale che una volta prodotta si immette subito nel mercato perché, tra l’altro, non c’è più tempo da perdere? Ma così stanno le cose. E dire che la stessa norma sottolinea che “è finalizzata a far fronte alla situazione emergenziale da COVID – 19 connotata dalla oggettiva e grave carenza di mascherine chirurgiche e prevede, limitatamente al periodo dell’emergenza, la possibilità di mettere in commercio le menzionate mascherine…”. A far saltare in aria chi legge il decreto è un altro articolo, il 16. Che parla di “Ulteriori misure di protezione a favore dei lavoratori e della collettività”. Letteralmente recita: “… gli individui presenti sull’intero territorio nazionale, sotto la propria responsabilità, sono autorizzati all’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio”. Ma che vuol dire? Il Conte 2 autorizza ai cittadini di poter usare mascherine non a norma quindi certamente non sicure in modo tale che l’epidemia possa espandersi senza confini, addossando tra l’altro la responsabilità allo stesso ignaro cittadino che pur di proteggersi userebbe l’impensabile? Ma, anche in questo caso, così stanno le cose.