Kim Jong Un è sui passi di Xi Jinping. Il giovane leader supremo nordcoreano, che già da dieci anni siede sul trono della Corea del Nord, non solo nell’VIII Congresso del Partito dei lavoratori coreani si è fatto nominare segretario generale del Partito, ma ha anche calcato la mano sul tema della corruzione, in una risonanza probabilmente non casuale dello stile di governo del Partito comunista cinese da parte del presidente Xi. Nella sua lunga relazione al Congresso, durato sei giorni, Kim ha preso atto del fallimento del piano quinquennale, non nascondendo il suo disappunto per la situazione economica in cui il paese si trova. Un esercizio di trasparenza che prelude probabilmente a una messa in riga della nomenklatura nordcoreana, a partire da un richiamo forte alla disciplina di partito già presente da un anno a questa parte. La pandemia Covid-19 – ma Pyongyang continua a dichiarare di non avere contagiati – e le sanzioni internazionali sono state indicati dal leader come fattori di debolezza che hanno inciso sulla performance economica. Tuttavia, il dito di Kim è stato puntato in realtà proprio contro il Partito, secondo i resoconti dei media di stato nordcoreani. O meglio, contro i suoi funzionari.
Il Congresso ha così deciso di dare una nuova centralità alla Commissione centrale di auditing, destinata a indagare e punire la corruzione e le deviazioni dalla disciplina. Non solo. Jo Yong Won, numero due della segreteria personale del leader ed ex membro supplente del Politburo, è stato promosso come membro del Presidium del Politburo, che è il “sancta sanctorum” del potere nordcoreano. Jo era il presidente della Commissione di Controllo (Commissione d’Ispezione) del Comitato centrale del Partito, cioè il corrispettivo nordcoreano della Commissione d’ispezione di disciplina del Pcc che è il braccio armato della campagna anticorruzione di Xi. Al Congresso un irritato Kim ha detto che verranno perseguite “tutte le violazioni della disciplina di partito, tutti gli abusi di potere, tutte le irregolarità burocratiche, la corruzione e le procedure arbitrarie”. Un lessico che Xi Jinping e gli uomini della sua campagna contro la corruzione praticano da diversi anni.
E, come nel caso della campagna anticorruzione cinese, l’ambizione è quella di non colpire solo le “tigri”, ma anche le “mosche”, per usare una fortunata formula di Xi. La KCNA ha scritto che verrà costituito ad hoc un dipartimento che andrà a indagare gli abusi e i casi di corruzione anche a livello locale. L’obiettivo di Kim è esplicito, anzi lui stesso l’ha palesato. Secondo quanto riferisce NK News, nella sua relazione il leader ha spiegato che verranno colpite tutte le violazioni alla disciplina di partito che “impediscono di realizzare il monolitico sistema di leadership del Comitato centrale del Partito”. In questa ottica si può inquadrare la decisione di ricoprire anche il ruolo di segretario generale del Partito, che era prerogativa eterna del padre, Kim Jong Il, morto nel 2011. Kim Jong Un ricopriva il ruolo di presidente del Partito, finora. Non che da un punto di vista del potere cambi qualcosa: il potere assoluto di prima non è meno assoluto di quello di oggi. Ma il segnale simbolico potrebbe essere che Kim Jong Un intende più direttamente governare il timone del partito. Nello stesso tempo, la sua nomina a segretario generale richiama un po’ lo schema presente in Cina, dove Xi Jinping è segretario generale del Pcc e presidente della Commissione centrale militare, oltre che presidente della Repubblica popolare cinese.
Quest’ultimo ruolo di presidente della Repubblica democratica popolare di Corea, al momento, Kim Jong Un non l’ha ancora avocato. Il presidente eterno della DPRK è infatti il nonno, Kim Il Sung, che esercita il mandato dal cielo, visto che è morto nel 1993. Xi Jinping, che fino al 2018 non aveva ancora mai incontrato Kim e aveva dato segnali di non apprezzare il leader del paese alleato, salvo poi vederlo per cinque volte negli ultimi due anni, è stato molto rapido nel congratularsi col “collega”, esprimendo l’auspico che il Partito dei lavoratori coreani e il Popolo coreano raggiungano “gli obiettivi dello sviluppo socio-economico e registrino nuovi e più grandi successi nel sospingere la causa del socialismo in stile coreano sotto la ferma leadership del Comitato centrale guidato dal suo segretario generale”. Xi ha inoltre “espresso la sua volontà di stare al fianco di Kim Jong Un nel salvaguardare la pace e la stabilità regionale, lo sviluppo e la prosperità e per garantire ai due paesi e ai due popoli la più grande felicità rafforzando la direzione strategica delle relazioni tra i due partiti e i due paesi, scrivendo costantemente nuove pagine di amicizia bilaterale e cooperazione (…)”. Auguri, insomma, di un calore che fino a due anni fa non si sarebbe visto. askanews