Le strade della capitale iraniana sono state, ieri ed oggi, relativamente tranquille, ma Teheran non è stata risparmiata dalla difficile situazione economica in cui versa il Paese e che ha spinto la popolazione a scendere in piazza in diverse città. “La vita è davvero difficile”, ha detto alla France Presse Farzaneh Mirzaie, una donna di 42 anni “madre di due figli”. Una madre che lavorava a Kashan, una città a circa 200 chilometri a sud della capitale, e che di recente ha perso il posto di lavoro: “Il proprietario della fabbrica non può permettersi di comprare fili per i tappeti e così ha licenziato tutti (…) come dovremmo sopravvivere?”. La storia di questa donna è solo una delle tante in un Paese con un regime che cerca di gestire una lunga crisi economica, aggravata dalle sanzioni imposte dalla comunità internazionale per il suo programma nucleare, anche dopo la firma dello storico accordo con le grandi potenze mondiali nel luglio del 2015. Le strade della capitale iraniana sono state, ieri ed oggi, relativamente tranquille, ma Teheran non è stata risparmiata dalla difficile situazione economica in cui versa il Paese e che ha spinto la popolazione a scendere in piazza in diverse città.
“La vita è davvero difficile”, ha detto alla France Presse Farzaneh Mirzaie, una donna di 42 anni “madre di due figli”. Una madre che lavorava a Kashan, una città a circa 200 chilometri a sud della capitale, e che di recente ha perso il posto di lavoro: “Il proprietario della fabbrica non può permettersi di comprare fili per i tappeti e così ha licenziato tutti (…) come dovremmo sopravvivere?”. La storia di questa donna è solo una delle tante in un Paese con un regime che cerca di gestire una lunga crisi economica, aggravata dalle sanzioni imposte dalla comunità internazionale per il suo programma nucleare, anche dopo la firma dello storico accordo con le grandi potenze mondiali nel luglio del 2015. Domenica sera gli abitanti di Teheran hanno ascoltato il presidente Hassan Rohani sostenere “il diritto di protestare” purchè non sfoci nella violenza. “Ha detto che le persone sono libere di protestare ma abbiamo paura di parlare, anche adesso, ho paura di parlare con te”, ha detto Sarita Mohammadi, un’insegnante di 35 anni. “Se siamo liberi di parlare e protestare, allora perché hanno schierato così tante forze là fuori nelle strade”?, ha aggiunto.
“PAGHEREMO PER QUESTO” Molte persone della capitale hanno preso comunque le distanze dalle violenze di dimostranti che si sono scagliati contro banche, uffici governativi e simboli del regime nelle proteste di questi giorni. Sara, studentessa di 26 anni coperta dal velo, è d’accordo con la linea governativa che ha bollato le proteste come “guidate dall’estero”, ma ritiene che le proteste siano nate per le “difficoltà economiche delle persone”. “Io non sono affatto favorevole alle manifestazioni in cui le proprietà pubbliche vengono vandalizzate, quando vengono fantumati i vetri siamo noi che paghiamo”, ha aggiunto Shiva Daneshvar, una casalinga di 55 anni. Ma tutti comprendono la frustrazione che ribolle sotto la società iraniana. Come per esempio il 52enne Nasser Khalaf, padre di due figli disoccupati, che ha detto: “Penso che alla gente non piaccia il vandalismo e incendiare gli edifici, ma questo è l’unico modo per far sentire la loro voce”. Molti ritengono la nazione non sia stata premiata per avere sopportato decenni di difficoltà: i tumulti della rivoluzione islamica nel 1979, otto anni di guerra con l’Iraq iniziata nel 1980 e le recenti sanzioni degli Stati Uniti. “Dopo 40 anni hanno capito che tutti i sacrifici (…) sono stati vani”, ha detto Arya Rahmani, un’infermiera di 27 anni. “Sto lavorando in questa società, ma domani verrò licenziata”, ha aggiunto, spiegando che “Rohani dice la protesta deve essere fatta in modo corretto, ma quale è il modo corretto?”.
“SGRADITE” LE PROTESTE DI TRUMP Deriso il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha ripetutamente twittato il suo sostegno alle proteste nei giorni scorsi, arrivando oggi a scrivere che in Iran “è tempo di cambiare”. “Il suo supporto verbale è inutile”, ha detto Rahmani, per il quale l’inquilino della Casa Bianca “vive nel suo palazzo e qui la gente viene arrestata e lui non può fare niente”. “Sarebbe meglio se non sostenesse le proteste”, ha aggiunto Nasser, affermando che anche il sostegno dei gruppi di opposizione attivi all’estero è stato sgradito. Molti nutrono una profonda sfiducia nei confronti di Trump dopo che ha vietato agli iraniani di entrare negli Stati Uniti, considerandoli parte delle nazioni “terroriste”. “Il governo dovrebbe migliorare la situazione della gente”, ha detto Mirzaie, la casalinga. Alla base del disagio degli iraniani c’è una frustrazione profonda per il fatto che il Paese non sia riuscito finora a sfruttare il suo enorme potenziale. “Il nostro paese è davvero come l’oro. Ma non stiamo beneficiando di tutte le cose che abbiamo”, ha detto Mirzaie. Per altri non è affatto chiaro come andranno a finire le proteste. Per Khalaf, dipendente di una compagnia petrolifera, la situazione potrebbe essere più difficile rispetto alle proteste di massa del 2009: “Nel 2009, quando la gente è scesa in strada, era solo a Teheran e sono riusciti a sopprimerla. quando sono diffuse, allora possono lasciare il segno”. askanews