La vittoria di Trump preoccupa il Medio Oriente e l’Iran. E l’Europa teme rapporti transatlantici

La vittoria di Trump preoccupa il Medio Oriente e l’Iran. E l’Europa teme rapporti transatlantici
10 novembre 2016

L’elezione di Donald Trump sta generando preoccupazioni anche in Medio Oriente. Viste le sue posizioni su immigrazione e musulmani, c’è molta incertezza su come il prossimo presidente degli Stati Uniti si porrà su un tema delicato come quello delle alleanze americane in quell’area del mondo. Trump per esempio si oppone da sempre all’accordo sul nucleare firmato con molte difficoltà da Barack Obama e dai 5+1, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu (Usa, Russia, Cina, Regno Unito e Francia) più la Germania. Tuttavia il repubblicano ha anche detto di voler rendere sempre più forti le relazioni con Mosca, storica alleata dell’Iran. C’è poi la questione della Siria, dove Mosca combatte dalla parte di Bashar al Assad, mentre gli Usa si sono schierati con i ribelli moderati. Non è ancora chiaro in che modo reagirà Trump anche se ha già promesso anche che collaborerà con la coalizione contro lo Stato Islamico. Al contempo ha dato una strigliata all’Arabia Saudita, membro-chiave dell’alleanza anti-Isis capitanata dagli Usa. Il presidente iraniano Hassan Rouhani, intanto, dopo la vittoria di Trump ha dichiarato che l’accordo sul nucleare non è rinegoziabile.

Anche in Europa regna preoccupazione. I leader europei sono soprattutto preoccupati per il futuro delle relazioni transatlantiche. Lo ha detto esplicitamente il presidente del Consiglio europeo, il quasi omonimo Donald Tusk: “Pur rispettando il risultato del voto, siamo consapevoli delle nuove sfide che comporta e dell’incertezza del futuro della nostra relazione transatlantica”. Assieme al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, Tusk ha gia’ invitato il neo eletto Trump a un vertice Ue-Usa a Bruxelles, “al piu’ presto secondo la sua convenienza”. Il capo della diplomazia europea Federica Mogherini ha ribadito la profondita’ del legame che unisce le due sponde dell’Atlantico, “piu’ profondo dei cambiamenti politici” e ha invitato i ministri degli Esteri dei 28 a discuterne in una cena informale gia’ domenica sera, alla vigilia del programmato Consiglio di lunedi’ e martedi’. Meno diplomatici i leader dei partiti rappresentati al parlamento europeo: se il presidente Martin Schulz ha ammesso che “lavorare con Trump sara’ piu’ difficile rispetto a altre amministrazioni Usa”, il capogruppo socialdemocratico Gianni Pittella ha definito il risultato del voto come “l’espressione di un virus che colpisce Usa e Europa”. E il suo omologo Popolare, Manfred Weber, ha constatato che ormai “non sappiamo che cosa ci dobbiamo aspettare dagli Usa”.

Oltre ai numerosi scenari di crisi internazionali su cui l’Europa e’ impegnata al fianco degli Stati Uniti, a preoccupare i leader europei sono anche le incertezze che l’elezione di Trump proiettano sullo scenario economico internazionale: nelle previsioni economiche pubblicate oggi dalla Commissione europea, sono considerate un fattore di rischio sulla ripresa economica dell’Eurozona (oltre che di quella degli Stati Uniti), cosi’ come lo e’ stato il voto sulla Brexit e “il rischio di escalation dei conflitti geopolitici”. Ma oltre a questo, c’e’ anche la concreta possibilita’ che il negoziato commerciale per un trattato di libero scambio, il cosiddetto Ttip, possa bruscamente interrompersi. Nonostante i tentativi di concluderlo prima che Obama lasciasse la Casa Bianca, il negoziato, che dura dal 2013, continua ad incontrare molte difficolta’ e opposizioni da parte della pubblica opinione, che si sono accentuate dopo che anche il trattato con il Canada (Ceta), gia’ negoziato, e’ stato firmato in ritardo per l’opposizione di un solo parlamento regionale europeo (quello della Vallonia, regione francofona del Belgio). I piu’ ottimisti fra coloro che non apprezzano l’elezione di Trump considerano pero’ che, dopo il primo schiaffo della Brexit, questo nuovo shock potrebbe rappresentare per l’Europa un’occasione di rialzare la testa e tornare a contare negli scenari internazionali.

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