L’affondo del pm Di Matteo: mi viene impedito di entrare alla Dna
Il provvedimento ministeriale ritarda di sei mesi l’ingresso del magistrato all’Antimafia
“Questa procedura, diversa da quella della applicazione, che avevo auspicato e che mi poteva consentire di portare a termine il processo sulla trattativa Stato-mafia, mi impedisce di fatto, per un consistente lasso di tempo, di prendere possesso delle mie nuove funzioni”. Lo ha detto il pm Nino Di Matteo, commentando la decisione del ministero della Giustizia di accogliere la richiesta del procuratore di Palermo riguardante il cosiddetto “posticipato possesso”, da parte di Di Matteo, del nuovo incarico di sostituto alla Direzione nazionale antimafia.
La decisione, si legge nel provvedimento firmato dal direttore generale di via Arenula, Emilia Fargnoli, e’ legata alla adesione data dal ministero alla intesa tra il procuratore Franco Lo Voi, il procuratore generale Roberto Scarpinato e il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. Nel provvedimento che ritarda di sei mesi l’ingresso del Pm alla Dna, si fa riferimento tra l’altro alle esigenze di sicurezza rappresentate da Lo Voi nella sua richiesta di ritardare lo spostamento del suo sostituto nella capitale. Secondo la tesi del coordinatore della Dda del capoluogo siciliano, condivisa dal procuratore generale e da Roberti, la necessita’ di tutelare il magistrato considerato ad altissimo rischio imporrebbe di evitare trasferimenti in giorni prevedibili da Roma a Palermo. “Sono convinto – ribatte pero’ Di Matteo – che ci fossero gli strumenti idonei a coniugare il mio diritto a essere trasferito nella nuova sede con le esigenze di assicurare la continuita’ del mio lavoro nel processo. Ma non sono stati adottati e si e’ preferito trattenermi ancora nelle funzioni di sostituto procuratore a Palermo”.