Scricchiola la Corte penale dell’Aia, dopo l’Africa anche la Russia lascia

Scricchiola la Corte penale dell’Aia, dopo l’Africa anche la Russia lascia
17 novembre 2016

La Russia ha inferto un nuovo colpo alla Corte penale internazionale dell’Aia (Cpi), annunciando di non volerne ratificare il trattato istitutivo, lo Statuto di Roma, dopo che tre Paesi africani hanno già notificato all’Aia la propria intenzione di abbandonare la corte, accusata di prendere di mira solo cittadini africani. “Lancio un messaggio solenne: non andate via”, è stato l’appello lanciato dal presidente dell’Assemblea degli Stati membri della Cpi, il senegalese Sidiki Kaba, aprendo i lavori all’Aia. Il Gambia ha ufficialmente notificato lunedì scorso il suo ritiro dalla corte delle Nazioni Unite, dopo quelli presentati a ottobre da Sudafrica e Burundi. E oggi anche la Russia ha annunciato di voler ritirare la firma apposta nel 2000 allo Statuto di Roma, mai ratificato, perché la Cpi “non è all’altezza delle speranze” e non è diventato un “organo realmente indipendente ed autorevole della giustizia internazionale”.

Fondata nel 2002, “la Corte attraversa momenti difficili, ma credo nelle virtù del dialogo costruttivo all’interno di questa assemblea”, ha detto Kaba, ex ministro della Giustizia in Senegal, dicendosi pronto ad accettare “critiche legittime”. In Africa, altri Paesi, come Kenya, Namibia e Uganda, potrebbero seguire l’esempio di lasciare la corte, accogliendo l’appello lanciato a fine ottobre dal Sudan a tutti i paesi del continente di abbandonare la Cpi. Ma la decisione di ritirarsi, ha precisato oggi il ministro della giustizia sudafricano, “non è stata presa a cuor leggero”. Il governo sudafricano ritiene di essere stato trattato in modo ingiusto dalla corte dopo che, a fronte ad “obblighi conflittuali”, si è rifiutato di arrestare il presidente sudanese Omar al-Bashir durante una visita a Johannesburg. Contro al Bashir la corte ha spiccato un mandato di arresto per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella regione del Darfur, ma il presidente sudanese gode anche dell’immunità riconosciuta dal diritto internazionale. Il Sudafrica, ha aggiunto il ministro, “non diventerà un rifugio per i latitanti”. Attualmente nove delle 10 indagini in corso alla Cpi riguardano l’Africa, la decima la Georgia. Per l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Raad al-Hussein “non esiste alcun sostituto alla Cpi”. Ammonendo sul fatto che “una nuova tendenza all’isolazionismo e a una leadership senza principi” si sta diffondendo nel mondo, Zeid ha aggiunto: “Non è ora il momento di lasciare. Serve risolutezza e forza. Non tradite le vittime, nè il vostro popolo. Rimanete con la Corte”. (fonte Afp)

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