Editoriale

L’Ars torna ad alzare la testa

di Gaetano Mineo

La questione è seria. E l’impressione è che la maggior parte dei siciliani non ne abbia avuto la giusta informazione. Questo grazie al governatore della Sicilia che, quatto quatto, il 5 giugno dello scorso anno, si reca a Roma per firmare un accordo capestro per i siciliani tutti. Nessuno era a conoscenza, di questa intesa. Il parlamento siciliano di certo. Crocetta, protagonista della geniale operazione, con molta probabilità, non ne avrà fatto cenno neanche alla sua stessa Giunta. E così, con un tratto di penna, la Sicilia – che non ha più un euro da anni – ha lasciato nelle casse del governo Renzi circa 7,5 miliardi di euro – 15mila miliardi di vecchie lire -. Andiamo per ordine. Grazie allo Statuto della Regione, la Sicilia ha importanti prerogative e competenze legislative esclusive. Peculierità ottenute dallo stesso popolo siciliano grazie a una serie di lotte e rivendicazioni politiche e sociali fino al Dopoguerra e che negli ultimi anni vengono calpestate, puntualmente, dalla politica siciliana. Ebbene, in virtù di queste specifiche norme dello Statuto, la Regione, nel 2012, ha promosso una serie di ricorsi dinnanzi alla Corte costituzionale al fine di avere le somme spettanti. I soldoni, parliamo di 9 miliardi di euro (un terzo di finanziaria regionale) nel caso di soccombenza dello Stato. Nove miliardi di euro (18 mila miliardi di vecchie lire). Ad aprile dello scorso anno, la Regione ha vinto un primo ricorso che avrebbe permesso di portare nelle casse regionali il primo miliardo. Perché avrebbe permesso? Perché Crocetta, come detto, il 5 giugno 2015, con il governo Renzi ha firmato un accordo con il quale la Sicilia ha rinunciato a tutti i ricorsi in questione in cambio della modica cifra di 1,5 miliardi di euro. Il che vuol dire, non solo la potenziale perdita di circa 7,5 miliardi, ma cosa ancor più grave, aver “castrato” la Sicilia di prerogative statutarie che se attuate, nella fatti specie, avrebbero fatto risorgere un’Isola in agonia e con un governo che continua a raschiare il barile alla ricerca di qualche spicciolo per tirare a campare. Ma non è tutto. Dopo un anno dall’accordo, la Sicilia deve ancora avere da Renzi gli ultimi 500 milioni dell’1,5 miliardi. Un ritardo letale per le ex province, teatri, precari, enti e via discorrendo, che rischiano di esplodere da un momento all’altro, scatenando una . Crocetta, intanto, pensa a ricandidarsi per le Regionali del 2017. La storia, tuttavia, ha un lieto fine. In quanto proprio oggi pomeriggio, il parlamento siciliano, con un sussulto d’orgoglio, ha votato la mozione con la quale impegna il governo regionale a cancellare l’accordo con cui Crocetta ha rinunciato agli effetti delle sentenze favorevoli alla Sicilia sui contenziosi fra Stato e Regione sollevati innanzi alla Corte costituzionale. L’Ars ritorna ad alzare la testa.

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