La Modena dei motori salva una delle sue caratteristiche più invidiate al mondo: la capacità di ricreare delle vetture meravigliose, battendo la lastra e modellandola come uno scultore del Rinascimento. I maestri carrozzieri hanno pensato di far rivivere quell’epopea a tutti i più grandi modelli delle Ferrari che oggi valgono decine di milioni nelle aste d’auto d’epoca. Loro, che quelle vetture le hanno costruite materialmente, ora le ricostruiscono con le stesse modalità. Creano la maschera di tondino di ferro – il cosiddetto filone – e attorno, battendo con i martelli, ricostruiscono le splendide linee delle carrozzerie che hanno fatto la storia dell’automobilismo. La Ferrari GTO, la California, la Testa Rossa, la Monza e la Dino – per citarne alcune – e poi le indimenticabili sportive 330 P2, P3 e P4 e la 412.
Afro Gibellini, 86 anni, ha lavorato diversi decenni alla Carrozzeria Scaglietti, e ancora oggi, ogni mattina, continua senza sosta quella che è diventata per lui una missione: “Al giorno d’oggi per fare una macchina del genere ci sono sistemi completamente diversi. All’epoca nasceva così: l’unico pregio era l’alluminio, il resto era ferro e manodopera. Oggi hanno mezzi e tecnologia completamente diversi. In quel periodo non avevamo niente, avevamo solo i martelli, due forbici, il cannello per saldarle e metterle insieme. Il discorso era tutto lì”. Gibellini ricorda i tempi alla Scaglietti, il lavoro a mano con pochissima attrezzatura e la fatica a soddisfare le richieste sempre più esigenti del committente Enzo Ferrari: “Veniva il Commendatore, venivano degli ingegneri da Maranello e si facevano modifiche, perché è difficile che la macchina nasca perfetta proprio al primo colpo. Allora ci chiedevano qualche modifica e noi la facevamo finché non era contento il ‘Numero uno’, perché a lui andava l’ultima parola e anche la prima”.
Una delle immagini più iconiche della storia dell’automobilismo è l’arrivo in parata delle Ferrari alla 24 Ore di Daytona nel 1967 che decretò la rivincita del Cavallino Rampante sulla Ford. Ora rivive attraverso le mani di chi costruì le carrozzerie delle tre vetture che tagliarono il traguardo. Per volontà di Modena Art, nata appunto per valorizzare il lavoro dei maestri carrozzieri, le 330 P4 e la 412 sono state riposizionate come apparvero 55 anni fa nelle foto storiche. L’ideatore è Jean Marc Borel, già presidente di Bugatti International, poi fondatore nel 2000 della B.Engineering che diede vita alla supercar Edonis: “Le macchine sono state create in questa zona, alla Scaglietti, e le persone che hanno fatto queste cose sono modenesi. Dunque non si poteva fare da altre parti”.
L’idea è di costruire un museo di un’arte che altrimenti rischia di scomparire. Ma proprio nella Terra dei motori sembra difficile trovare una collocazione: “Adesso la collezione non è ancora finita. Abbiamo deciso di far vedere quello che abbiamo. E una volta completata la collezione vogliamo trovare un posto per poter far vedere nel modo migliore questi oggetti che sono dei veri capolavori”. “Abbiamo bisogno anche che ci aiutino a far vedere queste opere. A noi piacciono, ma non è abbastanza se piacciono a noi, devono piacere alla gente” conclude Gibellini.