L’arte in estinzione del cestino d’asfodelo

3 settembre 2019

Un’arte antica che rischia di scomparire. Flussio, paesetto di duecento anime nelle colline sopra Bosa. Questa è la costa occidentale della Sardegna, e i pochi turisti che passano di qui, vengono a cercare i cesti di asfodelo. Un tempo erano parte indispensabile del corredo di ogni sposa sarda, necessari per la panificazione come oggi una batteria di pentole. Ma ormai sono solo in sei a lavorare l’asfodelo. “Siamo rimaste pochissime perché le ragazze non hanno imparato. Ogni tanto fanno i corsi, ma non imparano come si prepara il materiale, non imparano niente perché per imparare devi anche fare pratica. Vedi, si tiene il punteruolo così…”. Negli anni Settanta con i fondi europei si inventarono forme moderne per i cesti, e l’asfodelo portò la prosperità in questa zona povera. Alessandro Carta, per vent’anni sindaco di Flussio: “Quando ero bambino qui le strade a maggio giugno erano coperte da asfodelo”.

Ma oggi i cestini si vendono molto meno e nessuno vuole più farli. Samira, guida del museo dell’Asfodelo, spiega: “Ho imparato all’età di cinque anni, mi insegnò mia nonna per gioco”. E perché non si fa più? “Perché a livello economico non guadagni. Lavorando tutto il giorno riusciresti a farti 400-500 euro, non di più”. “C’è tanto da fare. C’è da promuovere, e bisogna crederci che possa diventare una risorsa” aggiunge Alessandro Carta. Corsi di formazione per i giovani, cultura locale e soprattutto appunto promozione. Maria Antonietta Sechi è l’unica a Flussìo ad avere una vera bottega con una insegna. La parola d’ordine per lei è valorizzare le risorse: “Valorizzate sul mercato. Perché prima si vendeva tanto. Il paese era pieno di cesti. Una cosa che ho notato è che se mi vedono a una fiera che sto lavorando sul posto, acquistano. Anche se io sto notando che i negozi specialistici e gli hotel della Costa smeralda stanno arredando gli hotel con la roba sarda”. Quindi per salvare la tradizione: puntare sul fascino del lavoro a mano.

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