Il 47% dei giovani italiani è pronto ad adattarsi pur di lavorare e per potere progettare il futuro, ma solo il 35% è in grado di lasciare la casa dei genitori. È quanto emerge dal “Rapporto Giovani”, promosso dall’Istituto Toniolo di Studi Superiori con il sostengo di Intesa Sanpaolo e Fondazione Cariplo, presentato al Meeting di Rimini. Secondo il rapporto e’ aumentata molto negli ultimi anni la disponibilità dei giovani ad adattarsi al lavoro e di continuare a cercare di vedere positivamente la propria vita. Infatti gli italiani tra i 18 e i 32 anni ai quali è stato chiesto di valutare con un voto da 1 a 5 il senso di soddisfazione sulla propria vita raggiungono in media un valore pari a 4,3. In un contesto di perdurante difficoltà nel mondo del lavoro l’autorealizzazione viene messa in secondo piano rispetto al reddito, soprattutto nelle classi sociali medio basse. E la remunerazione è infatti uno dei principali punti dolenti della qualità del lavoro svolto, assieme alla non sempre stretta coerenza con il proprio percorso formativo. Questa condizione di adattamento riguarda tutti, ma à ancora più forte per chi ha un lavoro a tempo determinato (49,3%). In tutte le dimensioni considerate, Emerge inoltre che la magior stabilità di chi ha un lavoro a tempo indeterminato e la soddisfazione complessiva verso il lavoro sono legate positivamente sia alla soddisfazione per la propria vita alla soddisfazione per la propria vita e le scelte fatte, sia come atteggiamento positivo verso il proprio futuro.
Al punto più basso si trovano i Neet, i giovani che non studiano e non lavorano. La loro soddisfazione per la vita raggiunge 3,7 punti in media su 5, contro un valore pari a 4,3 di chi ha un lavoro instabile e 4,8 per chi ha un lavoro a tempo indeterminato. I Neet sono anche la categoria che meno e’ sicura delle scelte fatte nella propria vita. Il punto centrale della scala p 3 e il voto alle scelte fatte finora è solo di poco superiore a tale soglia per i Neet. Tra gli under 30 che vivono con i genitori, la percentuale di chi progetta l’uscita entro un anno dall’intervista è pari a poco più di un quarto nella fascia 18-24 e a poco più di un terzo nella fascia 25-29. Valori non elevati se si pensa che la maggioranza dei giovani europei vive in autonomia dopo i 25 anni. Esistono pero’ differenze marcate sia rispetto alla presenza del lavoro sia al tipo di lavoro: per chi ha un contratto a tempo determinato si sale al 45% di intenzioni positive di uscita, mentre tra i Neet non solo il valore e’ molto basso (23%) ma rimane sostanzialmente fermo all’aumentare dell’età. Un chiaro segnale di progetti di vita che vengono rinviati e che progressivamente si trasformano in rinuncia definitiva. Inoltre l’elevata percentuale di Neet tra gli under 30 in Italia (il cui valore assoluto, superiore ai 2 milioni e 200 mila, e’ il più elevato in Europa) non compromette solo le vite lavorative dei giovani ma costituisce un enorme macigno sulla sostenibilità sociale, sulle dinamiche demografiche e sullo sviluppo economico dell’intero paese.