Lavoro, sono gli ingegneri i più ricercati. Ecco perché

Lavoro, sono gli ingegneri i più ricercati. Ecco perché
6 settembre 2015

inggneriTrovare un antidoto efficace all’emorragia occupazionale che affligge l’Italia non è operazione semplice né immediata. E tra riforme del lavoro e politiche europee spesso il problema appare lontano, se non completamente slegato, dalle possibilità e dal controllo dei singoli individui. La soluzione tuttavia potrebbe esserci, e potrebbe anzi trovarsi nell’intestazione dei moduli di iscrizione all’università; sempre che in calce ci sia scritto: Facoltà di Ingegneria. Sì perché, almeno a giudicare dalle statistiche, gli ingegneri sono la categoria meno afflitta dalla penuria di impieghi. “Il dato vale in Italia come in tutta Europa e non solo nell’ambito delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione ma anche per settori più tradizionali come quello manifatturiero o dell’energia”, spiega il professor Marco Taisch, docente di Sistemi di produzione automatizzati e tecnologie industriali al Politecnico di Milano. “Non riusciamo a soddisfare la domanda di offerta di lavoro quindi studiare ingegneria in questo momento è un investimento senza rischio: significa avere un lavoro sostanzialmente garantito”. Una tendenza valida anche oltre frontiera. Secondo le indagini di Modis Italia i profili più ricercati in USA e UK sono infatti quelli di software engineer e web developer, così come in Asia la parte del leone la fanno sviluppatori mobile, specialisti di cybersicurezza e cloud architects. Il delta tra mancanza di ingegneri e abbondanza di lavori che ne richiedono le competenze spiega inoltre la bontà delle retribuzioni proposte. “Un assunto vero nel mondo dell’ICT in particolar modo, dove se ho difficoltà nel trovare, ad esempio, un computer scientist, anche i compensi previsti saranno sono più alti della media delle altre figure professionali”.

Il Miur conferma le buone prospettive. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, i laureati in Italia nel 2012 nelle facoltà di informatica e ingegneria informatica sono stati 6.732, ma gli iscritti al primo anno delle medesime facoltà nel 2014 si erano quasi dimezzati (3.646). L’offerta di lavoro nei settori collegati resta invece alta il che significa che nei prossimi anni ci troveremo ad avere carenza di profili ICT rispetto alle capacità del mercato. Un ritardo odierno che può però trasformarsi in una risorsa per l’avvenire. Il trend delle iscrizioni è infatti tornato a crescere. Segno che la statistica sta facendo breccia anche nella mente dei ragazzi e nei cuori delle famiglie. “Dopo il calo dei primi anni duemila, la tendenza si è invertita e dal 2008/09 al 2013/14 le immatricolazioni dell’ateneo sono salite del 9%, in particolare grazie alla crescita di ingegneria”, sottolineano dal Politecnico di Milano. Scegliere una facoltà che offre buone opportunità di lavoro è sicuramente un passo importante nella carriera accademica. Se il pezzo di carta però è condizione necessaria, non è, almeno di per sé, anche sufficiente. Serve sicuramente un miglioramento nella conoscenza delle lingue straniere e dell’inglese in particolare. Si tratta di un dato critico per un Paese per il quale l’internazionalizzazione resta un passaggio chiave quanto delicato.

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L’istituzione di insegnamenti e corsi di laurea erogati in lingua inglese è un passo importante in questa direzione, poiché l’internazionalizzazione dell’economia passa anche dall’internazionalizzazione dell’istruzione. “Le aziende che sono cresciute negli ultimi anni di crisi sono state quelle capaci di esportare, viste le difficoltà della domanda interna”, conferma il professor Taisch. “Lo studente straniero in questo contesto non porta via il lavoro a quello italiano ma anzi arricchisce la classe, porta multiculturalità e fa da testa di ponte verso i mercanti globali”. Al Politecnico il numero di alunni stranieri era 750 nel 2003/04 (2% degli iscritti) ed è salito, dieci anni dopo, a quasi 4000 unità (10% degli iscritti), con 115 nazioni rappresentate. C’è di più: chi studia qui per anni impara anche l’italiano, e spesso e volentieri si ferma a lavorare nel nostro Paese. I ragazzi provenienti dall’estero hanno visto premiata la loro scelta anche nei tassi di occupazione, analoghi ai loro colleghi locali: a un anno dalla laurea il tasso di occupazione è del 90% e il 30% di loro è impiegato in imprese italiane.

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