L’aula della Camera ha approvato la proposta di legge a prima firma di Giorgia Meloni sull’equo compenso delle prestazioni professionali. I sì sono stati 251, 9 astenuti, nessun contrario. Il testo passa al Senato. Durante l’esame tuttavia l’assemblea ha approvato, con il parere favorevole del governo, 294 voti a favore, 43 contrari e un astenuto, un emendamento della commissione Bilancio interamente soppressivo dell’articolo sulla copertura finanziaria della proposta di legge, quantificata in 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022 a cui l’articolo soppresso stabiliva di provvedere mediante la riduzione del Fondo per esigenze indifferibili. “Il governo si impegna ad adeguare le tariffe professionali, ci tengo a dirlo in pubblico”, ha detto in aula il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto (Fi) poco prima del voto finale.
Dopo la soppressione della copertura finanziaria, ha detto in aula il capogruppo di Leu, Federico Fornaro, annunciando l’astensione, “la legge rischia di essere una legge manifesto”: “L’obiettivo è condiviso. Auspichiamo che nel passaggio al Senato ci siano miglioramenti e che nella legge di bilancio si trovino le risorse per dare concretezza a quella che rischia di essere una legge manifesto. I lavoratori e le Partite Iva hanno bisogno di risorse concrete”. A favore del testo hanno votato Fdi, Italia Viva, Coraggio Italia, Forza Italia, Pd, M5s. La disciplina dell’equo compenso è stata introdotta, nella scorsa legislatura, per porre rimedio a situazioni di squilibrio nei rapporti contrattuali tra professionisti e clienti “forti”, individuati nelle imprese bancarie e assicurative e nelle imprese diverse dalle PMI.
La legge Meloni stabilisce che per essere considerato equo il compenso debba essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale. Deve essere conforme ai parametri per la determinazione dei compensi previsti per gli avvocati, per gli altri professionisti iscritti a ordini o collegi, per gli esercenti professioni non organizzate in ordini o collegi individuate da decreti del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge.
La legge si applica al compenso dei professionisti in relazione alle attività professionali che hanno come oggetto una prestazione intellettuale, che trovano fondamento in convenzioni e che sono svolte in favore di imprese bancarie e assicurative, società veicolo di cartolarizzazione e imprese con più di 50 lavoratori o con ricavi annui superiori a 10 milioni di euro. Le norme si applicano anche alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione, delle società a partecipazione pubblica e degli agenti della riscossione.
Si prevede infine l’istituzione di un Osservatorio nazionale sull’equo compenso presso il Ministero della Giustizia. Pur votando a favore il Pd chiede che il testo venga modificato al Senato perché prevede “la possibilità di stipulare convezioni coi singoli ordini, una cosa incompatibile con le norme sulla concorrenza, fino ad arrivare al paradosso che se c’è violazione dell’equo compenso viene punito il professionista non il committente”, ha detto in aula la dem Chiara Gribaudo. “Un’ulteriore discriminazione è che la legge non garantisce il rispetto dell’equo compenso per i professionisti ma solo per i rapporti di natura convenzionale. Sono arrivate critiche quasi unanimi dal mondo professionale e dal Cnel. Questa legge per quanto meritevole avrà bisogno di un ampio approfondimento al Senato”.