Erdogan minaccia: “Tagliare teste ai traditori” e “uniforme” per golpisti “come a Guantanamo”

16 luglio 2017

“Tagliare le teste ai traditori” e far indossare “uniforme” per i golpisti, “come a Guantanamo”. Minacciose promesse fatte dal presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, davanti centinaia di migliaia di persone scese in piazza a Istanbul per le celebrazioni del primo anniversario del fallito golpe dello scorso anno. “Prima di tutto taglieremo la testa dei traditori” ha dichiarato Erdogan inneggiando le grida di giubilo delle migliaia di persone sul ponte del Bosforo. Erdogan ha quindi ribadito che “firmerà”, se il Parlamento la dovesse approvare, qualsiasi legge che reintroducesse la pena capitale, abolita nel 2004, come ‘conditio sine qua non’ per entrare nell’Ue. Europa cui lo stesso Erdogan ha ormai allontanato sempre piu’ Ankara. Altra minaccia del presidente turco, che è stata accolta dal plauso degli astanti, quella di far indossare ai sospetti coinvolti nel fallito golpe dello scorso anno “delle uniformi come (le tute arancioni) dei prigionieri di Guantanamo (il famigerato campo di detenzione Usa nell’enclave cubana, ndr) quando debbono apparire nei tribunali per i processi”. Cosa che lo stesso Erdogan ha già proposto al premier turco.

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A Istanbul, decine di migliaia di persone, per lo più sostenitori di Erdogan, sono scese in strada sventolando le bandiere turche e dirigendosi verso uno dei ponti che attraversano il Bosforo, teatro lo scorso anno di uno degli episodi più sanguinosi del fallito golpe. Erdogan ha inaugurato un monumento alle vittime del golpe sul “ponte dei Martiri del 15 luglio”, prima di raggiungere Ankara dove ha fatto un altro discorso nell’ora esatta in cui i golpisti colpirono la sede del parlamento. “Siamo qui per le vittime, per la democrazia, per il nostro paese, per la nostra gente, per la nostra bandiera”, ha detto alla France presse Hakan, un abitante di Istanbul arrivato nei pressi del ponte. A Istanbul, ma anche ad Ankara e nel resto della Turchia, la gente ha ricordato il golpe costato la vita a 249 persone e che ha profondamente segnato il Paese. Ma mentre il fallimento del colpo di stato è stato salutato da Erdogan come una “vittoria per la democrazia”, la dura risposta arrivata da Ankara ha suscitato la preoccupazione dei paesi europei e delle organizzazioni che difendono il rispetto dei diritti umani.

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Puntando il dito contro il predicatore Fethullah Gulen, indicato come il mandante, Ankara ha risposto al golpe colpendo i suoi presunti sostenitori: più di 50.000 persone sono state arrestate, e oltre 100.000 sono state rimosse dai loro incarichi. E ancora venerdì, oltre 7.000 ufficiali di polizia, soldati e membri di ministeri sono stati silurati per decreto. Sempre venerdì, Gulen ha ribadito dagli Stati Uniti, dove vive da anni in esilio, la sua estraneità ai fatti, denunciando una “caccia alle streghe” contro i suoi sostenitori. Da un anno Ankara chiede a Washington, senza successo, l’estradizione di Gulen. Ieri il parlamento turco ha tenuto una sessione speciale in onore dei “martiri” che hanno “dato la vita per lo Stato” e in tutto il Paese sono state erette statue in loro onore e loro ritratti sono stati affissi nella metro di Istanbul. Filmati sull'”epopea del 15 luglio” sono stati trasmessi dalla televisione. Le autorità hanno proclamato il 15 luglio festa nazionale della “democrazia e dell’unità”, definendo lo sventato colpo di stato una vittoria storica della democrazia turca.

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