In Sicilia 6000 le persone affette, le testimonianze. Nuove linee guida dall’ISS e intanto l’Ars fa i primi passi.
Ancora molti pensano sia un disturbo tipico dell’infanzia, e dalla maggiore età i soggetti che ne soffrono vengono trattati come psicotici o semplici ritardati mentali; la complessità dei sintomi e la difficoltà nel fornire definizioni cliniche precise di certo non aiutano e molto spesso le cure proposte sono inadeguate o poco coerenti con lo stadio della malattia. Parliamo di autismo, chiamato originariamente sindrome di Kanner, un disturbo della funzione cerebrale che provoca una marcata diminuzione dell’integrazione sociale e della comunicazione. In Sicilia le persone affette sono quasi sei mila, quasi uno su cento, classificati nella categoria clinica di soggetti con disturbi pervasivi dello sviluppo. L’Istituto superiore della sanità (ISS) ha tracciato le linee guida per il “trattamento dei disturbi dello spettro autistico”, un documento nel quale si parla per la prima volta di “famiglia di disturbi”, per rilevare l’estrema variabilità del fenomeno, e si forniscono indicazioni specifiche sugli interventi più efficaci per il trattamento. “Purtroppo non esiste ancora un protocollo standard e le terapie proposte dalle Asp sono inadeguate”, spiega Claudio Ravalli, genitore di un adolescente autistico e presidente di una onlus che tutela i soggetti affetti da questo disturbo. “Spesso vengono proposte logopedia e psicomotricità – continua il genitore – ma le linee guida del ministero della Salute non forniscono alcuna prova scientifica sull’utilità di questi interventi per il trattamento della malattia”.
L’autismo, purtroppo, non è guaribile, questo i genitori lo sanno bene, ma è ormai provato che interventi mirati e precoci, declinati in modo che le famiglie siano parte attiva del percorso di cura, possono dare ottimi risultati e migliorare considerevolmente la qualità di vita dei pazienti. Sul fronte legislativo, all’Assemblea regionale siciliana c’è un disegno di legge presentato dal M5S. Punta a una serie d’interventi con piani terapeutici individuali e sostegno alle famiglie; il tutto, a carico dell’Asp di residenza dei pazienti.“Il disegno di legge nasce dopo un confronto continuo con le famiglie dei disabili e viene a seguito di un’audizione in Commissione Sanità per migliorare gli attuali strumenti forniti ai soggetti autistici e alle loro famiglie – spiega la deputata regionale, Vanessa Ferreri, prima firmataria del ddl -. Abbiamo sensazioni positive e il clima politico attorno alla proposta è buono; l’assessore al Bilancio dovrebbe adesso destinare dei fondi – continua la Ferreri – sostituendo la terapia che oggi viene fornita dalle Asp coi nuovi interventi consigliati nelle Linee Guida del ministero della Salute”. Non proprio una passeggiata, verrebbe da dire, visto che ci sono da formare gli psicologi del servizio pubblico su nuove terapie cognitivo-comportamentali: il programma Taacch, non ancora sperimentato su larga scala, e soprattutto il metodo Aba, che invece è menzionato chiaramente nelle “linee guida” e si è dimostrato efficace in un numero maggiore di casi.
Nino Camarda, presidente regionale dell’Associazione nazionale Genitori di soggetti autistici (Angsa), è fermamente convinto dell’utilità dei nuovi metodi perché se applicati con costanza sembrano in grado di “aumentare progressivamente i punti di contatto dei soggetti autistici col mondo esterno”.
La sfida quotidiana dei genitori di persone autistiche, infatti, consiste nel favorire l’apprendimento da parte dei loro figli di tutta una serie di azioni utili e in certi casi indispensabili: lavarsi, parlare correttamente, mangiare e interagire in situazioni di stress emotivo (che per i soggetti autistici può anche essere provocato da un rumore, una luce troppo forte, un bambino che gli corre incontro). “Tutto è sulle spalle dei genitori – confessa Camarda – e la mancanza assoluta di assistenza costringe le famiglie a investire ingenti quantità di tempo e denaro per cercare di aiutare i propri figli”. Ci sono casi di autismo molto gravi che richiedono assistenza continua, soprattutto in soggetti adulti cui la malattia è stata diagnosticata in ritardo. Le famiglie di questi soggetti subiscono tutte le carenze di un sistema che effettua solamente diagnosi e rifiuta di prendere in carico i pazienti. I più giovani, trattati con le tecniche indicate nel documento dell’Istituto superiore di sanità, probabilmente avranno progressioni diverse della malattia e saranno più facili da integrare nel contesto sociale. Questa è la grande speranza di molti genitori, così come la prossima costituzione di un fondo destinato alla riabilitazione. Intanto, darebbe loro grande conforto sapere che i progetti di formazione proposti a medici e psicologi interessati a specializzarsi nel trattamento del disturbo fossero gratuiti e accessibili a tutti e non come avviene oggi in Sicilia, offerti a costi piuttosto elevati.