Ascolto e calma senza schemi preconcetti: saranno queste le doti che Sergio Mattarella mettera’ in campo per le consultazioni, con l’obiettivo di tirare le somme e capire come procedere. Nella prima Repubblica si sarebbero chiamate consultazioni “al buio”: quelle che cominceranno domani alle 10,30 al Quirinale, infatti, hanno un finale ancora tutto da scrivere. Salvo sorprese dell’ultima ora, quando domani e giovedi’ i capigruppo e i leader politici entreranno nello Studio alla Vetrata accolti da Sergio Mattarella, poche saranno le novita’ rispetto alle scelte compiute finora e dunque le distanze per giungere a una maggioranza per sostenere il nuovo governo del Paese saranno ancora ampie. Tanto ampie che potrebbe servire piu’ di un giro di colloqui per giungere a una soluzione. Certo, la novita’ principale e’ gia’ scritta e sara’ la presenza di Matteo Salvini alle consultazioni: sara’ la sua prima volta in assoluto da quando e’ segretario della Lega, visto che nei due round precedenti (2014 e 2016) scelse di non salire al Colle. Altra novita’ potrebbe essere rappresentata dalla composizione della delegazione di Forza Italia, ma ancora non ci sono certezze su questo aspetto. Mentre e’ certo che a guidare la delegazione sara’ Silvio Berlusconi, si parla, ma non ci sono conferme, della presenza di Antonio Tajani. Ma se le novita’ saranno solo queste e se non arriveranno colpi di scena dall’incontro annunciato ma non fissato tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che dirimano le loro divergenze sulla premiership magari indicando un terzo nome, i tempi per la nascita del nuovo esecutivo potrebbero essere lunghi.
Il tempo, la carta vincente di Mattarella
Il Capo dello Stato e’ alla sua seconda esperienza di consultazioni e nella scorsa occasione, quando nacque il governo Gentiloni, l’iter fu rapidissimo, in una settimana si svolse il passaggio dal governo Renzi al nuovo esecutivo. Questa volta quasi certamente il tempo sara’ invece un ingrediente fondamentale per far maturare processi politici non scontati: la fine del bipolarismo e una legge elettorale per buona parte proporzionale hanno prodotto una situazione simile a quella che nei decenni passati aveva portato, con grande impegno e discussioni, alla nascita di governi prima di centrosinistra e poi pentapartito. Ora il tripolarismo delle urne si deve forzare ad un accordo, qualunque esso sia, che metta insieme forze che fino al 4 marzo erano avversarie. Per questo Mattarella ha deciso di lasciare il tempo necessario al dibattito tra partiti e nei partiti, sia nel centrodestra tra Lega e Fi, che all’interno del M5s che nel Pd: l’obiettivo e’ infatti avere un governo con una maggioranza certa e stabile. Non intende dunque forzare la mano e anzi si appresta a lasciare che dopo il primo giro, in caso non si individuasse una soluzione, i partiti abbiano ancora qualche giorno di tempo per confrontarsi. Precedenti alla mano, italiani e ormai anche europei, il Presidente sa che, finche’ non ci saranno scossoni sui mercati, puo’ lasciare che trascorrano anche alcune settimane, qualcuno parla dei primi di giugno, per stringere i bulloni e giungere a un risultato concreto.
Difficilmente spingera’ sull’acceleratore, portando di nuovo il Paese alle urne in estate, senza aver tentato con calma di far emergere una maggioranza e quindi un governo. In questo quadro e’ presto per capire quali potrebbero essere i ‘format’ delle prossime consultazioni, anche se la cosa piu’ probabile e’ che sia lui stesso a compiere almeno un secondo eventuale giro. Per il resto il presidente della Repubblica ha in mano una serie di carte che gli vengono dallo studio dei precedenti e che vanno dal mandato esplorativo a una figura terza (presidente della Camera o del Senato ma non solo), al preincarico a uno dei leader con piu’ chance di raggiungere la maggioranza. Difficilmente indichera’ una personalita’ di spicco (come successe per Mario Monti) almeno nelle prime settimane e assolutamente non per sua scelta, non amando la concezione di ‘governo del Presidente’, ma solo se glielo chiederanno tutti i partiti di fronte al fallimento di tutte le altre possibilita’. Anche su questo terreno, infatti il Capo dello Stato non vuole forzare la mano e chiede che siano i partiti ad assumersi la responsabilita’ politica delle scelte, fossero anche quelle di un governo di tutti. E comunque non sono ancora maturi i tempi per un passaggio di questo tipo e tantomeno per un appello alla responsabilita’ dei partiti, neppure dopo il primo round di colloqui. Ascolto e calma: soprattutto per il primo giro, che ci si attende di posizionamento, saranno queste le doti da mettere in campo.