Matteo Salvini è stato il primo leader a parlare, a pochi minuti dagli exit poll diffusi alla chiusura delle urne, per rivendicare la vittoria del centrodestra. E poi a via Bellerio è sceso il silenzio. A quasi tre ore dalla chiusura dei seggi, nessun esponente leghista si è affacciato nella sala stampa di via Bellerio, e nessuno si è ancora collegato con gli speciali elezioni in onda su tutti i canali, mentre il dato della Lega continua a scendere nelle proiezioni. Alle 23.15 di domenica il segretario aveva twittato: “Centrodestra in netto vantaggio sia alla Camera che al Senato! Sarà una lunga notte ma già ora vi voglio dire grazie”. Dopidichè il silenzio è calato anche sui social. Nessun accenno al risultato della Lega, che gli exit poll davano comunque in doppia cifra, seppure più che doppiata da FdI e scavalcata anche da Pd e M5s. Poi le proiezioni sulle schede scrutinate hanno reso la situazione più drammatica: la doppia cifra si allontana, addirittura si va sotto il 9% con Forza Italia che a un certo punto sembra addirittura insidiare il Carroccio.
Il sorpasso di Fratelli d’Italia era ormai metabolizzato, ma forse nessuno se lo aspettava in queste proporzioni. Un calo che investe tutto il Paese, con le proiezioni che vedono il Carroccio doppiato da FdI e superato dal Pd anche nel Nord. Dati che se confermati toglierebbero peso alle rivendicazioni sull’Autonomia, nei confronti dell’alleato che ha egemonizzato la coalizione. E che seminano dubbi anche in vista di battaglie decisive per il Carroccio, come la Regionali in Lombardia della prossima primavera. Da settimane Salvini insiste nel dare per certa la ricandidatura di Attilio Fontana, ma Letizia Moratti da tempo scalda i motori e un ribaltamento degli equilibri di tale portata potrebbe determinare scenari diversi. Senza contare le critiche dei territori alla strategia della Lega nazionale: a Pontida Luca Zaia si è presentato sul palco con una enorme bandiera della Serenissima, invitando a “inginocchiarsi davanti al Leone”. E tutti i governatori hanno messo in guardia sulla necessità di mantenere le promesse sull’Autonomia e nei confronti dei territori.
Che tutto questo si traduca in una messa in discussione della segreteria di Matteo Salvini è ancora presto per dirlo, considerando le peculiarità del Carroccio che in oltre 40 anni di vita ha avuto tre segretari: Umberto Bossi per 30 anni, Maroni per un anno e mezzo prima di scegliere la presidenza della Lombardia, e poi Salvini dal 2013, con tanto di cambio di nome da Lega Nord a Lega per Salvini premier. Gli ultimi giorni di campagna elettorale mostravano un Salvini pronto a dare battaglia su alcuni temi identitari: Autonomia, pace fiscale, decreti sicurezza, quasi già calato in un ruolo “corsaro” nella maggioranza. Ma il silenzio sceso in via Bellerio fa capire che per schiarirsi le idee e riaggiustare la linea stavolta sarà un po’ più complicato.