Legge elettorale al rallenty in commissione, scontro sul decreto
Testo slitta di una settimana, si attende intervento Renzi a assemblea Pd
Un’altra settimana di tempo per avere un testo base. I lavori della commissione Affari costituzionali della Camera (foto) sulla legge elettorale continuano ad andare a rilento. Intanto, il dibattito politico, più che su tecnicismi, premi e sbarramenti, torna a concentrarsi sull’ipotesi che si proceda per decreto, ovvero con quello strumento legislativo che ha tra le sue caratteristiche principali i criteri di “necessità e urgenza”. È il leader della Lega, Matteo Salvini, a parlarne esplicitamente: non è la prima volta, d’altra parte sin dalla fine del governo Renzi va ripetendo che bisognerebbe andare al voto al più presto. “Basta perdite di tempo. Siamo pronti – afferma – a votare anche un decreto sulla legge elettorale se questo servisse a sbloccare questa farsa. Basta manfrine, basta squallidi giochi di palazzo”. Un’ipotesi che viene bocciata sia da Forza Italia (Berlusconi punta alla fine della legislatura), sia dal M5s. “Sarebbe equivalente ad un colpo di Stato”, sostengono i deputati pentastellati.
Ma è soprattutto al Pd, e al suo segretario appena riconfermato, che si guarda. Dal mondo renziano si fa filtrare – come era già accaduto in passato – che l’ipotesi del decreto non sarebbe affatto sgradita. C’è anche chi indica in Giancarlo Giorgetti quell’ufficiale di collegamento tra i dem e la Lega con il quale si starebbe già ragionando. Intanto, in commissione alla Camera i dem si acconciano molto facilmente alla richiesta – avanzata in primis da Forza Italia e appoggiata anche da Ap – di far slittare di un’altra settimana la presentazione del testo base. Un asse che viene letto come la prova di una trattativa già in corso. D’altra parte, a smuovere le acque del dibattito fuori dalle aule parlamentari ha contribuito una riunione con Matteo Renzi da cui è partito un rilancio su un sistema elettorale tedesco con correttivi in senso maggioritario. Un’ipotesi che sarebbe gradita a Berlusconi il quale però non ha appunto fretta di andare a votare e vede con sospetto qualsiasi accelerazione del segretario dem. Il quale, a sua volta, lancia segnali e fa dire in giro che di interlocutori ce ne possono essere anche altri: un’apertura che però sembra non riguardare il M5s, di cui i renziani non si fidano.
Il capogruppo azzurro, Paolo Romani, preferisce non entrare nel merito, ma lancia un messaggio: “Al Senato come Forza Italia siamo nelle condizioni di essere interlocutori autentici di chi vorrà fare una proposta seria”. La (ennesima) settimana di stand by della legge elettorale in commissione alla Camera, d’altra parte, serve anche ad attendere l’assemblea nazionale dem che si riunirà domenica e nella quale ci si aspetta che Renzi dica qualcosa di più chiaro. Tra i dem però, si spiega che la strategia del segretario punterebbe piuttosto a ‘stanare’ gli altri partiti: la stessa ipotesi alla tedesca servirebbe più a dimostrare che il Pd vuole riformare la legge elettorale che a ottenere l’obiettivo. Perché d’altra parte, ragiona un parlamentare centrista, se non si riesce a trovare una convergenza su una nuova legge sarà più probabile che si decida di optare per ritocchi minimi, ovvero l’estensione dell’Italicum corretto anche al Senato. Esattamente l’obiettivo che, nell’opposizione, attribuiscono al segretario dem.