di Giuseppe Novelli
Passando alle numerose deleghe di un testo firmato Pd, frutto del lavoro del dipartimento dell’editoria di Palazzo Chigi guidato da Luca Lotti, il governo andrà nella direzione di un’ulteriore stretta sui requisiti per poter accedere ai contributi diretti. Dai contributi dovranno essere esclusi gli organi di informazione di partiti, movimenti politici e sindacali, periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico. Nulla anche per tutte le imprese editrici di quotidiani e periodici facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in Borsa. Ai contributi saranno ammesse “le imprese editrici che esercitano unicamente l`attività informativa autonoma e indipendente, di carattere generale”. Tra queste: le cooperative giornalistiche; gli enti senza fini di lucro; per un periodo di cinque anni le imprese editrici di quotidiani e periodici la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro. In Senato è cambiata la norma che prevedeva che i contributi pubblici dovessero essere calcolati cancellando la distinzione tra testata nazionale e locale e che graduava il contributo in considerazione del numero di copie vendute che dovevano essere per tutte le testate almeno il 30% di quelle distribuite: con un emendamento approvato in Senato il rapporto venduto-distribuito rimane al 30% per le testate locali mentre per quelle nazionali dovrà essere almeno del 20%, dando così respiro a storiche testate nazionali che hanno però una diffusione concentrata in alcune aree del Paese. Il contributo verrà ridotto nel caso in cui non venga rispettato il limite di 240mila euro per gli stipendi di giornalisti, collaboratori e amministratori. Per le testate on line ci saranno criteri specifici da considerare, come la produzione di contenuti informativi originali, il numero dei giornalisti, l’aggiornamento dei contenuti e il numero effettivo di utenti unici raggiunti. L’esecutivo valuterà premi per chi assume a tempo indeterminato lavoratori under 35 e forme di finanziamento a progetti “innovativi” di start up.
IN SINTESI
ISTITUZIONE DEL FONDO PER IL PLURALISMO E L’INNOVAZIONE DELL’INFORMAZIONE: Al fine di assicurare la piena attuazione dei principi di cui all’articolo 21 della Costituzione, in materia di diritti, liberta’, indipendenza e pluralismo dell’informazione, nonche’ di incentivare l’innovazione dell’offerta informativa e dei processi di distribuzione e di vendita, la capacita’ delle imprese del settore di investire e di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo, lo sviluppo di nuove imprese editrici anche nel campo dell’informazione digitale, e’ istituito presso il ministero dell’Economia il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Il fondo e’ destinato anche alle radio e tv locali, oltre alle imprese editoriali costituite da cooperative e istituti no profit. Il Fondo sara’ alimentato dalle risorse per il sostegno all’editoria quotidiana e periodica, e per le emittenti locali. E’ inoltre previsto l’uso di una quota, fino a 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018, delle eventuali maggiori entrate da canone Rai in bolletta.
TETTO AGLI STIPENDI RAI: Il limite massimo delle retribuzioni e’ fissato a 240mila euro all’anno. Il tetto si applica agli amministratori, ai dipendenti e ai consulenti “del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale”. Il tetto non puo’ essere superato anche qualora l’azienda dovesse emettere dei bond. La norma e’ stata introdotta al Senato, con un emendamento presentato dal relatore, il Pd Roberto Cociancich, e approvato all’unanimita’ a Palazzo Madama, anche alla luce della pubblicazione degli ultimi stipendi dei dirigenti di Viale Mazzini, alcuni dei quali andavano ben oltre la quota di 240mila annui. La riforma prevede anche una riduzione delle risorse assegnate nel Fondo per l’Editoria alle imprese che danno stipendi superiori a 240mila euro.
ORDINE DEI GIORNALISTI E PREPENSIONAMENTI: Diventano 60 i componenti del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e viene garantita la rappresentanza alle minoranze linguistiche. Il ddl, inoltre, delega il governo ad adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge criteri piu’ stringenti per il ricorso ai prepensionamenti dei giornalisti, a rivedere l’attuale procedura sugli stati di crisi.
DEFINIZIONE QUOTIDIANI ONLINE: Devono pubblicare prevalentemente online, essere regolarmente registrati nella cancelleria di un tribunale, produrre soprattutto informazione, aggiornata quotidianamente, avere un direttore responsabile iscritto all’Ordine dei giornalisti.
SERVIZIO PUBBLICO: La concessione del servizio pubblico (Rai) durera’ dieci anni e ci dovra’ sempre essere la consultazione pubblica sugli obblighi di servizio per il rinnovo. Sara’ affidata con decreto del presidente del Consiglio su proposta del Mise di concerto con l’Economia.
CONTRIBUTI PUBBLICI: Il testo del ddl delega al governo la ridefinizione dell’intera disciplina. L’esecutivo, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, dovra’ ridefinire inanzitutto la platea dei beneficiari: tra questi, oltre alle tv locali, le cooperative giornalistiche e gli enti senza fini di lucro, quotidiani e periodici delle minoranze linguistiche, imprese ed enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti, associazioni di consumatori, imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero. Saranno esclusi invece i giornali di partito e le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da societa’ quotate. Ulteriore requisito richiesto sara’ l’edizione della testata in formato digitale, anche in parallelo con la carta. L’ammontare del contributo pubblico dipendera’ dal numero di copie annue vendute e dagli utenti unici raggiunti, oltre che dal numero di giornalisti assunti. Sono previsti infine dei criteri ‘premiali’ per quelle imprese che assumono a tempo indeterminato gli under 35 e vengono fissati limiti massimi al contributo erogabile. Nella delega c’e’ anche la parte relativa alle liberalizzazioni: il governo dovra’ incentivare gli investimenti nell’innovazione digitale, assegnare finanziamenti a progetti innovativi, liberalizzare la vendita dei prodotti editoriali e gli orari di apertura dei punti vendita, incentivare sul piano fiscale gli investimenti pubblicitari su quotidiani, periodici, radio e tv locali.