Leonard Cohen avrebbe compiuto 85 anni oggi, 21 settembre. Il cantautore canadese, prima poeta e poi uno dei massimi interpreti della storia della musica d’autore per 50 anni di carriera, e’ morto il 7 novembre del 2016 a Los Angeles, a soli quattro mesi dall’amata Marianne Ihlen musa ispiratrice della bellissima ‘So Long, Marianne’ una delle canzoni piu’ note del cantautore di Monreal. Legato alla morte di Ihlen c’e’ una presa coscienza della fine imminente anche per Cohen. Il poeta canadese, sapendola morente di leucemia, le scrisse: “Credo che ti seguiro’ presto. Ti sono cosi’ vicino che, se allungassi una mano alle tue spalle, potresti toccare la mia, sappilo. … Ci vediamo in fondo alla strada”.
Nel mezzo secolo artistico in cui si espresse, tratto’ diversi argomenti di stampo sociale e politico, spaziando dall’esistenzialismo alla religione, con una forte connotazione pessimistica alternata ai guizzi ironici che caratterizzarono l’intero corso della sua carriera. La prima volta che il nome di Cohen comincio’ a circolare fu negli ambienti editoriali, grazie alla raccolta di poesie del 1956 ‘Let Us Compare Mythologies’. L’anno successivo recita otto poesie nell’album di reading ‘Six Montreal Poets’. Nel 1961 arrivano le prime critiche positive grazie alla raccolta di poesie ‘The spice-Box of Earth’ che lo lancia tra i poeti emergenti della scena canadese anglofona. Nel 1966, l’anno precedente all’uscita del suo primo album, vide la luce ‘Beautiful Losers’ – suo secondo romanzo – che fu rivalutato soltanto dopo la sua affermazione come cantautore. Il libro e’ uno dei primi esempi della letteratura postmoderna canadese. Il primo album, ‘Songs of Leonard Cohen’ fu accolto tra lo scetticismo delle critiche.
Era il 1967 e il movimento Hippy, al massimo del suo splendore, cozzava con le tematiche trattate nell’album. La successiva rivalutazione dell’album porto’ i critici a definirlo uno dei migliori lavori e oggi viene considerato una pietra miliare della musica. Nell’album sono presenti alcune delle canzoni piu’ celebri di Cohen come ‘Suzanne’; ‘Sister of Mercy’; ‘So Long, Marianne’; ‘Hey, That’s No Way to Say Goodbye’ e ‘One of Us Cannot Be Wrong’. Quest’ultima, per quanto viaggiasse su toni decisamente cupi, fu una delle prime manifestazioni dell’ironia di cui era capace il cantautore canadese. L’ultimo album, quattordicesimo della sua carriera in studio, usci’ un mese prima della morte che fu il tema fondante del lavoro. Cohen non riusci’ a completarlo e dovette essere ultimato dal figlio Adam. ‘You Want It Darker’ usci’ tra gli elogi della critica e fu disco d’oro in Australia, Canada e Regno Unito. In mezzo ci sono 12 altre gemme piene di riferimenti a Dio e alla depressione, al sesso e alla vita.
Ci sono altri ritratti come ‘Seems So Long Ago, Nancy’ e ‘Joan of Arc’. Ci sono canzoni che scavano nel profondo dello stesso artista per diventare inni globali come ‘Famous Blue Raincoat’ e ‘Chelsea Hotel #2’, in cui si racconta di una sura relazione con Janis Joplin. Ci sono le varie ‘The Future’, ‘Dance me to the end of love’. ‘Everybody Knows’ e ‘I’m Your Man’. Canzoni ispirate a poeti lontani come ‘Take This Waltz’, traduzione della poesia di Federico Garcia Lorca ‘Piccolo valzer viennese’ o ‘Alexandra Leaving’ ispirata a una poesia di Konstantinos Kavafis, poeta greco che il canadese aveva imparato a conoscere durante il suo soggiorno sull’isola di Hydra o ancora ‘First We Take Manhattan’ e ‘Tower of song’, contenute nell’album ‘I’m your man’ ritenuto da Tom Waits uno dei suoi preferiti. Ma forse su tutte spicca ‘Hallelujah’. Canzone contenuta nell’album ‘Various Position’ del 1984, nata in seguito a numerose riscritture del testo, in un cambiamento fluido che inizia, nel testo, con la descrizione della progressione di accordi che verranno usati all’interno della canzone.
Per cantare di sesso, amore e morte con continui riferimenti biblici. Cohen, racconto’ Bob Dylan, ci mise due anni a finire il testo e secondo quanto dichiarato dal poeta canadese le tribolazioni cominciarono subito: “Avevo riempito due blocchi degli appunti e ricordo che ero al Royalton Hotel [a New York], seduto in mutande sul tappeto, mentre sbattevo la testa sul pavimento dicendomi: ‘Non riesco a finire questa canzone’. Nel 2010 il brano contava circa 200 cover ufficiali. Tra tutte spiccano la versione di John Cale, prima cover ad essere pubblicata, quella di Jeff Buckley, la piu’ famosa e premiata, e quella di Rufus Wainwright presente in numerose colonne sonore.
L’opera di Cohen e’ lunga e complessa ed ha influenzato numerosi artisti trascendendo tutti i generi musicali. Hanno ammesso di essere stati ispirati dal poeta canadese band come i Nirvana e cantautori nostrani come De Gregori e De Andre’ che hanno tradotto e reinterpretato i lavori dell’artista traendo a piene mani dal suo pensiero poetico. Dylan si definiva il numero zero tra i cantautori dicendo che il numero uno fosse proprio Cohen: “Quando le persone parlano di Leonard, dimenticano di menzionare le sue melodie che secondo me insieme ai testi sono rappresentazione del suo genio piu’ puro. Mi piacciono tutte le canzoni di Leonard, prima o poi ti fanno pensare e sentire. Alcune delle sue canzoni piu’ recenti mi piacciono anche piu’ delle prime”.